domenica 5 agosto 2012



Walking Dead



Giorno da 1 a 3.
L'orda degli Zombie non ci da tregua. Sono già tre giorni che lottiamo, fuggendo dal morbo che attanaglia la città, e probabilmente il globo intero. Del gruppo originale siamo sopravvissuti solo in sei, esclusa Anna naturalmente.

Solo quattro giorni fa eravamo diciotto. Una cena tra vecchi compagni di liceo come si organizzava tutti gli anni, solo che questa volta è stata decisamente spaventosa. Avevamo mangiato solo l'antipasto, un misto mare con un ostrica dal sapore decisamente troppo metallico, quando nella sala principale del ristorante giapponese “Sotto il Vulcano“ è scoppiato il finimondo. Quelli che sembravano un gruppo di pazzi piombati nel mezzo della sala si erano poi rivelati veri morti viventi, che avevano assalito a graffi e morsi avventori e camerieri. Tutto è divenuto un caos totale e ho visto cadere diversi vecchi compagni sotto le loro fauci voraci.

Uno si è gettato su di me. Ho maledetto le bacchette usate per mangiare, avessi avuto almeno un bel coltello tra le mani! Con un tuffo sul tavolo sono riuscito a sfuggirgli, rimediando solo uno strappo sui jeans nuovi. Al mio posto si è però mangiato Ferrari. Quel secchione mi stava sulle palle da vent'anni, ma non è stata comunque una gran rivincita vedere la sua faccia dilaniata dai denti del morto vivente. Anni e anni di film e giochi al pc mi avevano però preparato per situazioni di questo tipo, così ho preso in mano la situazione radunando a spintoni e urla sette compagni ancora illesi ma imbambolati, spingendoli verso le cucine.

Avevo due cose in mente, impadronirmi delle due Katane appese incrociate sulla parete di fondo e cercare una via d'uscita secondaria per evitare il carnaio all'ingresso. Sono riuscito bene in entrambe. Ho preso le due spade e, impugnata la Katana con il manico rosso, ho messo l'altra in mano a Mario, che tra tutti mi sembrava il meno frastornato. Oltrepassata la porta della cucina, siamo riusciti a chiuderla, bloccandola alle nostre spalle con un grande carrello portavivande. Purtroppo ci siamo ritrovati solo in sei, Giovanni era sparito lungo il tragitto. Li ho fatti muovere rapidi verso il fondo, la porta non avrebbe resistito a lungo, facendo in modo che tutti, anche le tre donne, impugnassero un paio di mannaie e alcuni coltelli lunghi trovati sui banchi da lavoro.

La porta di servizio era aperta e deserta, probabilmente i cuochi erano fuggiti da li, e siamo usciti di corsa. Fuori il caos era persino peggiore. Auto che sbandavano, incidenti a catena, gente urlante e zombie ovunque. Per fortuna non era ancora buio, era una calda serena serata estiva e eravamo in una zona residenziale, periferica.

In pochi minuti ho preso una decisione ferma. Arrivare alle auto era fuori questione, il parcheggio era dall'altro lato del ristorante. La soluzione migliore era trovare un luogo sicuro dove riorganizzarsi e allontanarsi dalla strada principale. Li ho condotti lungo una via laterale, tra villette singole e a schiera. Abbiamo incrociato un paio di morti che hanno tentato di aggredirci, le braccia protese, la bocca spalancata in un orrido grido gutturale: “RRRHAAAAAAA”.

Erano lenti, stupidi. Ho colpito un paio di volte con la spada bocca e occhi e sono caduti immobili, finalmente morti davvero. Più avanti ho notato due zombie accucciati a disputarsi le carni di un poveraccio, che urlando cercava di respingerli. Il primo pensiero era stato di passare al largo, poi, visto il suo vestito ho cambiato idea. Era un carabiniere. Ho detto a Mario di continuare a spingere gli altri avanti e deviato di corsa. I mostri banchettanti non si sono nemmeno accorti di me. Un paio di rapidi colpi e le teste sono volate sull'asfalto. Il carabiniere stava già mutando. L'ho finito con un fendente e ho trovato ciò che speravo. Una pistola Beretta automatica, raccolta insieme al caricatore di riserva nella bandoliera. Di corsa ho raggiunto gli altri poco oltre.

Tallonati da altri mostri abbiamo corso a perdifiato lungo la via, fino a trovare il luogo adatto. Una casetta a due piani, illuminata e con inferriate alle finestre del piano terra, benedetta la paura dei ladri. Abbiamo iniziato a bussare e suonare il campanello, implorando di aprire. Altri zombi si stavano avvicinando, mi sono messo dietro a tutti aspettandoli. Al primo ho sparato in mezzo agli occhi. Un botto esplosivo. Il proiettile gli ha staccato un pezzo di testa e il rinculo mi ha fatto male al polso, decisamente diverso da sparare con il mouse. Abbattuto il secondo finalmente la porta si è aperta. Era Anna, una ragazza di 16 anni, sola in casa e terrorizzata. Ci siamo buttati dentro sprangando la porta.

Da allora è il terzo giorno che siamo chiusi qui. Rispetto ai film e videogiochi ho imparato che gli zombie anche se in tanti non riescono a buttare giù le porte, perlomeno le nostre, evidentemente molto più robuste di quelle Americane, però qui è decisamente difficile trovare nelle case armi da fuoco, munizioni o oggetti da combattimento. Per fortuna la dispensa è ben fornita e in sette, con un poco di attenzione dovremmo riuscire a mangiare per diverse settimane senza problemi. Luce, gas e acqua continuano a funzionare. La tv è praticamente muta e come la radio invia solo un avviso registrato alla popolazione di restare chiusi nelle case e attendere soccorsi. I cellulari o non danno segnali o squillano a vuoto, Il 113 ha risposto una volta il primo giorno, dicendo di restare in casa e aspettare. Non ha più risposto.

Ho preso così un quaderno di Anna con l'intenzione di usarlo come diario per mantenere una cronaca scritta degli avvenimenti.



Giorno 4.

La situazione è immutata. Molti zombie caracollano intorno alla casa, spesso gettandosi incessantemente contro la porta d'ingresso o le inferriate alle finestre. Dormire e rilassarsi con quelle grida roche e quei colpi continui è decisamente difficile. Tutti sono molto provati, anche se ormai accettano senza questioni il mio ruolo di leader.

Mario è il solo su cui posso davvero fare affidamento. Marcello è preda di scatti d'ira e intimamente spaventato. La piccola Anna, preoccupata per i genitori, è sempre alla finestra come se potessero apparire magicamente. Giulia è quella che mi preoccupa di più, si dispera per i suoi due bambini, lasciati a casa con il marito e nessuna rassicurazione pare calmare i suoi pianti ripetuti. Sabrina, da buona single, pare adattarsi, esegue i suoi compiti senza fiatare. Francesca alterna i momenti. Ieri sera è rimasta stretta, abbracciata sulle mie ginocchia per ore mentre i mostri colpivano la porta. Per più di vent'anni ho segretamente desiderato un contatto simile con lei. L'ho infine baciata prima che andasse a letto, un gran bel lungo bacio.



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Giorno 7.

Oggi sia la tv che la radio hanno cessato ogni trasmissione. Ho provato a girare per la casa con la radio, orientando l'antenna in ogni direzione ma niente da fare, solo scariche e nessun tipo di segnale. Abbiamo visto e rivisto i pochi film in dvd presenti in casa. Il tempo che non passa mai è il pericolo maggiore. Abbiamo terminato il latte, il vino e quasi tutti i cibi da frigorifero, restano pasta e scatolame vario. Mi sento in colpa perché ho preso di nascosto l'ultimo pacchetto di wafer al cioccolato e li ho divorati. Erano l'ultimo dolciume in casa. Non so che mi ha preso, una voglia irrefrenabile, insopprimibile di dolce.



Giorno 8.

Ho portato Francesca nella mia stanza. La camera da letto dei genitori di Anna e abbiamo scopato. E' stato animalesco, irruento. L'ho spogliata e montata quasi con rabbia, per non pensare, eppure mentre ero dentro di lei, succhiandole e mordendole i capezzoli, con le sue gambe in alto, strette tra i miei gomiti e le spalle per un attimo l'ho immaginata zombie. La sua bocca spalancata, gemente mi è sembrata quella di un mostro. Ho faticato a non fuggire, ho chiuso gli occhi e sono venuto dentro di lei, poi mi sono allontanato. Non penso abbia goduto, ma in verità non mi è importato poi molto.



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Giorno 11.

Giulia è sempre più insofferente. Abbiamo iniziato a darle dello Xanax che per fortuna abbiamo trovato tra i medicinali. Piange e mangia contro voglia, solo se Sabrina la costringe.

Francesca si è stabilita nella mia stanza. Nessuno ha obiettato, lei del marito non parla più da giorni. Abbiamo scopato con più calma adesso, e più volte. Niente visioni orribili, ma non è stato comunque come l'avevo sognato e immaginato per tutti questi anni. Però farmelo succhiare intensamente più volte mi ha calmato rabbia e pensieri funesti. Ho dormito meglio, nonostante le saltuarie grida e pianti di Giulia e i colpi e mugolii degli zombie fuori.



Giorno 12.

Verso mezzogiorno abbiamo udito delle grida e un forte latrare e abbaiare di un cane dall'esterno. Purtroppo dalle finestre non abbiamo potuto vedere nulla e la porta era bloccata da diversi morti viventi, non abbiamo osato uscire. I suoni sono cessati poco dopo.

- postilla aggiunta- . Sono state le ultime voci e rumori viventi uditi fuori -



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Giorno 29.

Il cibo scarseggia, pochi giorni e finirà completamente. Devo trovare una soluzione.

Sono tutti sempre più apatici, passano le giornate distesi su divani o letti, si parla pochissimo. La puzza di putredine da fuori diventa sempre più forte, dobbiamo tenere le finestre chiuse, e si soffoca di caldo. Giulia è uscita completamente di senno, l'abbiamo fermata appena in tempo mentre cercava di aprire la porta per andare a casa. Ho dovuto bloccarla in un letto. Meno male che avevo trovato un paio di manette in un cassetto della camera, nascoste insieme a diversi oggetti erotici. Mi sa che i genitori di Anna erano dei bei porcelloni, lei non ha commentato le manette, immagino avesse già frugato quel cassetto in passato. Io e Francesca abbiamo usato qualcuno di quegli oggetti, il sesso è ancora la sola cosa che permette di liberare un po' la mente. Mario e Sabrina spariscono spesso insieme. Anna è sempre più appiccicosa, ha il terrore di restare da sola e persino in bagno lascia la porta aperta.



Giorno 30.

Ho analizzato la situazione, devo uscire in cerca di cibo. Ho scovato la casa giusta. Dall'altra parte della strada, un paio di centinaia di metri più a est c'è una villetta isolata, con uno steccato che delimita il giardino anteriore e nessuno zombie dentro. Probabilmente lo steccato basta a tenerli fuori. Io potrei scavalcarlo facilmente e avere così il tempo di rompere la porta o una finestra per entrare e rifornirmi. Il difficile sarà il tragitto, soprattutto al ritorno. Ho trovato attrezzatura da montagna in cantina, ben coperto dovrei resistere a qualche morso occasionale. Andrò domani a mezzogiorno, di giorno, al sole, sembrano meno attivi. Mario mi coprirà con la pistola dalla finestra dell'ingresso, con i pesanti guanti da roccia non potrei comunque usarla.



Giorno 31.

Tutto è pronto. Intabarrato in pantaloni imbottiti, scarponcini da montagna, un pesantissimo parka con cappuccio, occhialoni e due sciarpe a coprire il viso, mi sento molto Messner alla ricerca dello Yeti. Ho con me la Katana e una grossa piccozza trovata con gli abiti, oltre a un grande zaino vuoto per il cibo. Come stabilito Sabrina ha acceso lo stereo con musica Heavymetal a tutto volume da una delle finestre posteriori, spero attiri un po' degli zombie che sostano davanti all'ingresso.

Vado, che la fortuna sia con me.



Giorno 32.

E' stata dura, ma ce l'ho fatta. Il rumore ha attirato molti mostri dietro casa, i rimanenti li ho abbattuti a colpi di spada e piccozza correndo alla meta. Scavalcare la staccionata non è stato difficile, così come rompere un vetro per entrare nella casa. Non c'era nessuno all'interno, come sospettavo non avendo visto mai alcuna luce filtrare, ma la cucina era davvero ricca. Persino frutta in frigo, uva, banane e pesche. Ho riempito lo zaino al massimo, il peso era decisamente elevato. Fuori decine di zombie erano pressati contro la staccionata, ad aspettarmi. Ho preparato così tre molotov con altrettante bottiglie di whisky, un vero spreco purtroppo. Mi sono avvicinato alla staccionata e a colpi di spada e piccozza ho iniziato un lavoro da macellaio. Tagliavo mani e poi trafiggevo occhi e teste, uno a uno finché le braccia hanno retto. In alcuni occhi mi è parso quasi di vedere sollievo, in altri rabbia feroce, ma certo è stata la suggestione per il macabro lavoro. Sfoltito abbondantemente il gruppo ho gettato le molotov ai due lati del cancello, creando un corridoio di fuoco, e respingendoli, poi ho iniziato a correre.

Arrivato alla porta ne avevo molti ormai a pochi passi, dietro. Mario ha iniziato a sparare abbattendoli, consumando purtroppo tutte le munizioni, quello fermo davanti alla porta l'ho decapitato io e sono riuscito a rientrare. Il casino e la pistola ne hanno però attirati molti di più intorno a casa. Almeno però ora abbiamo provviste per parecchio.



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Giorno 37.

L'odore di decomposizione da alla testa. Giulia ormai piange o urla di continuo, totalmente pazza. Dormire è diventato pura illusione. Il maledetto quadro del corridoio mi opprime. E' una riproduzione de l'Urlo di Munch, e sembra che mi urli direttamente nelle orecchie, con la voce di Giulia dal piano di sotto. Persino scopare è diventato difficile. Stanotte per eccitarmi ho chiuso gli occhi pensando ad Anna. Gira sempre più seminuda per casa e sembra andare in bagno ogni volta che passo dal corridoio. Ho immaginato di legarla al letto e sodomizzarla violentemente, di sbatterla contro al muro, farla urlare di piacere, sentirla pregare per avere il mio cazzo. Quando ho aperto gli occhi ho visto Francesca che lo succhiava, durissimo. Ho goduto nella sua bocca chiedendomi cosa sta succedendo nella mia testa.



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Giorno 45.

La situazione di Giulia è ormai irrisolvibile e tutti sono nevrastenici, Marcello voleva buttarla ai mostri per farla smettere di urlare. Li ho mandati nelle loro stanze minacciandoli. Ho fatto restare Mario fuori dalla porta e sono entrato nella stanzetta dove è legata Giulia. Piangeva e gridava senza sosta. Ho preso il cuscino e l'ho premuto su quel viso ormai irriconoscibile, magro e scavato dall'inedia. Finalmente ha smesso di urlare. Ho chiamato Mario, abbiamo sfilato le manette e l'abbiamo portata rapidamente fuori dalla porta sul retro. Pochi minuti dopo l'abbiamo sentita ancora, ma stavolta le grida erano roche e basse, come quelle degli altri, mentre batteva contro la porta. A cena nessuno ha detto nulla. Ma tutti abbiamo dormito meglio.



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Giorno 54.

Ho distrutto il quadro. Ho visto Giulia in quel volto, che urlava e urlava.

Anna mi tampina sempre più, fatico a tenerla a distanza, Francesca è insofferente con lei. Ormai quando la scopo vedo sempre Anna con me. Nel pomeriggio è saltata la corrente elettrica, in tutta la zona. Non abbiamo lanterne e pochissime candele. Il buio ha esacerbato ulteriormente gli animi e accresciuto il terrore strisciante che attanaglia i pensieri.



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Giorno 59.

Basta, dobbiamo andarcene. Nessuno verrà mai a liberarci e occorre una soluzione nuova. Nessuno voleva parlarne davvero ma li ho costretti. Il mare è la soluzione. Dobbiamo trovare un mezzo, un auto o furgone e cercare di raggiungere il mare per procurarci una barca. Gli zombie sicuro non nuotano né galleggiano e con una barca potremmo bordeggiare lungo la costa e scoprire di più, oltre che rifornirci meglio e magari trovare qualche altro sopravvissuto. Tutti sembrano terrorizzati all'idea di uscire, ma non c'è altra soluzione. Devo organizzare bene la cosa.



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Giorno 63.

Finalmente è arrivata la pioggia, durante la notte, sembrava quasi il diluvio. L'acqua ha eliminato per un po' quel nauseante odore dolciastro. Ho aperto la finestra della camera e guardato fuori finché ha smesso, ore dopo. Lampi e saette illuminavano il cielo. Francesca mi parlava, ma credo di non aver sentito nulla, non ricordo cosa ha detto, dopo un po' ha smesso e si è addormentata. Non mi pare di averle risposto.

Al mattino non era più nella stanza. Si è messa a dormire di sotto, con gli altri, la cosa non mi ha toccato molto in verità



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Giorno 66.

Veramente è ancora notte. Mi hanno svegliato delle urla, credo di averci messo un po' a destarmi davvero. All'inizio ho maledetto Giulia, nel dormiveglia, poi ho realizzato che non poteva essere lei.

Ho aperto la porta della stanza in mutande e nel buio ho udito e intravisto alcuni Zombie che venivano verso la mia porta. Quei maledetti possono salire le scale, e mi chiedo come cazzo sono entrati. Ho chiuso la porta appena in tempo e ho spinto l'armadio per bloccarla completamente. Li sento che graffiano e battono il legno. Le urla sono cessate quasi subito. Ho provato a chiamare, anche dalla finestra ma nessuno mi risponde. Tutte le armi sono di sotto e mi sento un maledetto idiota. La porta è impraticabile, all'alba tenterò dalla finestra, in fondo sono poco più di tre metri e potrei saltare, ma correrei il rischio di farmi male e non riuscire a correre via. C'è una grondaia un paio di metri a destra della finestra, proverò a saltare, afferrarla e scendere da lì.

Le ore notturne sono state interminabilmente lente ma finalmente è l'alba, questa è l'ultima annotazione, sono pronto a saltare. Il piano di fuggire verso il mare ora è senza dubbio l'unica soluzione. Spero di poter tornare un giorno a recuperare questo diario.



Sono sulla finestra, per fortuna nessuno zombie di sotto o nelle vicinanze, devono essere tutti entrati in casa. Ne vedo qualcuno distante, ma dovrei riuscire a evitarli. Balzo e cerco la grondaia, forse ho preteso troppo dalle mia capacità perché manco la presa e piombo pesantemente a terra. Il Buio mi avvolge.

Riapro gli occhi stordito, la vista annebbiata. Cristo che botta, penso. Cerco faticosamente di alzarmi. Non mi sembra di avere nulla di rotto, ma mi gira tutto e fatico a coordinare i movimenti, probabilmente ho battuto forte la testa. Devo allontanarmi però. Inizio a barcollare verso la strada quando vedo uno zombie che si dirige verso di me. Disarmato e in queste condizioni so di avere ben poche speranze di sopraffarlo, vorrei correre via, ma non riesco. Si avvicina e mi accorgo che è una donna, capelli lunghi, neri celano parte del viso. E' sempre più vicina, quattro passi, tre passi, poi la riconosco. E' Giulia, o meglio ciò che resta di lei. Vorrei ridere ma non riesco, ho massacrato decine di questi mostri, eppure quello che sta per mangiarmi vivo è il solo essere umano che ho ucciso. Niente, il mio corpo non risponde come vorrei, sono perduto. Due passi, un passo. Ora è davanti a me, vedo il suo volto livido, la bocca aperta, digrignante e famelica. E' il momento penso, eppure lei mi oltrepassa senza attaccarmi. Incredulo mi volto a fatica e la vedo caracollare verso la casa. Un miracolo, pensa la mia mente sempre offuscata o forse era un illusione?

Poi un pensiero orribile, inimmaginabile si fa strada nel mio cervello, spalanco la bocca per gridare un diniego, un urlo, ma il solo suono che odo emettere dalle mie labbra secche è un grigio, cupo “RRRHAAAAAAAAAAAAAA”







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