lunedì 4 febbraio 2013

AUTOSTOPPISTA

 
 


Autostoppista


Marco sfrecciava lungo la litoranea. Certo si trattava di una strada molto più lunga e tortuosa rispetto alla nuova tangenziale interna, ma proprio per quello la preferiva, soprattutto in questo periodo dell'anno. L'inverno si stava avvicinando e quindi la zona era pressoché deserta, tranne la domenica, quindi poteva divertirsi con la sua auto sportiva.

Le continue curve, salite e discese, unite allo splendido panorama facevano di quella strada un luogo perfetto dove divertirsi per chi amava guidare, e insieme pensare in libertà. Ora era giunto ai due tornanti in discesa che conducevano al lungo rettilineo della spiaggia di cala nascosta, così come la chiamavano da sempre gli abitanti del luogo, per via delle numerose spiaggette oltre quella principale, celate dietro i picchi di rocce aguzze che costellavano la costa.

In primavera e soprattutto estate era uno dei luoghi più affollati della zona, ma ora il lungo fiume di sabbia chiara era splendidamente liscio e deserto. Con uno stridio delle gomme il coupè nero affrontò le due strette impervie curve, quindi accelerò percorrendo il lungo rettilineo. Si stupì nel vedere, ancora lontano, sul lato della strada una persona, che faceva segni con una mano. Rallentò così fino a fermarsi.

Si trattava di una ragazza, giovane avrebbe detto. Forse una ventina d'anni. Era abbastanza carina, capelli neri corti, a caschetto, pelle molto chiara. Indossava jeans, all star e una maglietta rossa. In effetti un poco troppo leggera per il clima della giornata, sebbene splendesse un bel sole. Abbassò il finestrino:

< Ciao> Le disse. <Hai bisogno di aiuto?>

<Ciao. Sì grazie. Mi servirebbe un passaggio fino in città> Rispose la ragazza.

Marco non ci pensò molto. Sbloccò le portiere e la invitò a salire.

La giovane salì, si sedette al suo fianco, sul sedile in pelle grigio scuro e gli sorrise. Un sorriso però che Marco trovò leggermente tetro, stirato. Stupidamente gli ricordò il sorriso della Gioconda, al Louvre. Scosse la testa e partì rombando.

La ragazza lo guardava, silenziosa.

<Io sono Marco> Disse. >Ma che ci facevo tutta sola qui?>

<Greta> Disse lei. <Ero con un ragazzo, ma abbiamo litigato e così me ne sono andata e l'ho mollato>.

<Capito> Disse lui sorridendo. <Capita sai. Però devi stare attenta, una ragazza giovane e carina come te, è pericoloso accettare un passaggio da uno sconosciuto. Potrei essere un criminale, o peggio un maniaco> Sorrise e le fece l'occhiolino all'ultima frase.

<Un maniaco? E se lo fossi che mi faresti? Mi costringeresti a fare sesso? E poi? Mi uccideresti?> Lei replicò, con una strana espressione negli occhi.

<Se fossi un maniaco è probabile, ma tranquilla, non sono un maniaco> Disse Marco, il cui sguardo era però ora attratto inequivocabilmente dai capezzoli eretti di lei, che si vedevano perfettamente sotto la maglietta. Evidentemente era senza reggiseno.

Lei notò lo sguardo e sorrise ancora: <Un po' maniaco però lo sembri, visto come mi guardi ora. Chissà che pensieri stanno attraversando la tua mente>

<Beh, è naturale> Rispose lui. <In fondo sono un uomo, sarebbe anormale non fare certi pensieri con seduta accanto una splendida ragazza come te, ma tranquilla, non farei mai nulla che non volessi anche tu> E le fece nuovamente l'occhiolino.

<Ah! Quindi se io volessi vendicarmi di quel bastardo andrebbe bene per te> Gli disse avvicinandosi un poco a lui sul sedile, e posando una mano sulla sua gamba.

Marco pensò si riferisse al ragazzo con cui aveva litigato. Se voleva vendicarsi di quel pirla che l'aveva lasciata sola sulla spiaggia non si sarebbe certo tirato indietro. Le sorrise e disse:

<Per me andrebbe molto bene, puoi fare tutto ciò che vuoi>

Lei allungò ulteriormente la mano sui jeans di lui. Lo trovò già in parte eccitato, quando strinse tra le gambe. Si abbassò sulle sue gambe, portando entrambe le mani sul suo inguine e iniziò lentamente ad abbassare la sua cerniera.

<Aspetta che mi fermo in uno spiazzo> Disse marco, il cui pene si stava ergendo già prepotentemente, schiacciato sotto i boxer neri.

<No! Non fermarti!> Replicò lei a voce alta. <Non smettere, guida. La velocità mi eccita. Forte. Vai più forte!>

Lui accelerò mentre la mano piccola di lei giungeva ad abbassare l'elastico dei boxer e afferrare e stringere la sua eccitazione. Un brivido di desiderio lo attraversò, mentre iniziava ad affrontare le curve che, in salita, riportavano la strada in alto, sulla scogliera.

Lei lo accarezzò un poco, su e giù con la mano, lentamente, stringendo e stuzzicando. Quindi abbassò ancora la testa sotto le sue braccia che manovravano il volante e lo prese tra le labbra. A Marco sfuggì un lungo gemito quando la lingua di lei lo avvolse, quando sentì leggeri i suoi piccoli denti bianchi stuzzicare la pelle sensibile dell'asta e le sue labbra stringersi e avvolgerlo in un lungo bacio profondo.

Era brava, pensò lui. Molto brava. La bocca saliva e scendeva lungo il suo cazzo durissimo, enormemente eccitato. Succhiava, leccava stringeva e solleticava. La mano restava ferma, solo stretta alla base per mantenerlo nella giusta posizione, mentre le labbra umide e la lingua frenetica facevano tutto il lavoro. Il respiro dell'uomo era sempre più affannato e faticava a mantenere la concentrazione sulla strada. La sua mente ora era preda di erotiche immagini, pensava di spogliarla, strapparle via jeans e mutandine. Immaginava come potesse essere nuda. Il sapore e l'aspetto della sua rosea intimità. Desiderava possederla, fotterla profondamente in ogni posizione. Sodomizzarla e farla urlare di voglia e piacere.

Un'altra parte della sua mente aveva già deciso di portarla a casa. Desiderava un letto, il suo letto e sopra quella ragazza nuda e aperta, tutta per lui. Intanto quella bocca vorace lo stava conducendo all'orgasmo, sentiva il piacere che saliva, che cresceva in lui inesorabile. Affrontò le ultime curve. Per fortuna ora c'era il rettilineo del ponte. Avrebbe potuto godere senza preoccuparsi troppo della guida.

<Sì, così. Adesso, continua così che sto venendo!< Le disse con voce roca mentre l'auto imboccava veloce, accelerando, l'alto ponte sul fiume.

Improvvisamente lei lo morse. I suoi denti strinsero forte, con rabbia. Sempre più forte. Marco urlò mentre la mano destra di lei, lasciata la base del pene afferrava il volante tirandolo giù, verso di sé. Con uno schianto fortissimo il coupè, lanciato ad alta velocità, urtò il parapetto in pietra del ponte sbriciolandolo, quindi con un lungo volo finì nel fiume sottostante. Un forte tonfo e le scure acque limacciose si chiusero sull'auto.



Il tenente Gironi, del corpo dei carabinieri, stava osservando i pompieri che, tramite un argano sollevavano dalle acque i resti della Porsche nera. Il nuovo giovane appuntato, Federici si avvicinò, facendogli il saluto.

<Signor Tenente, i sommozzatori hanno recuperato il corpo dell'uomo alla guida. Abbiamo le sue generalità, stiamo provvedendo ad avvisare i genitori. Era solo, nessun altro nella macchina>

<Sicuri fosse solo?> Rispose l'ufficiale.

<Sicuri signore, i sommozzatori hanno detto che entrambe le portiere erano ancora chiuse e sigillate. Hanno dovuto rompere un vetro per aprirle>

<Bene Federici, ottimo lavoro> Lo così congedò il tenente.

<Signore, posso farle una domanda?> Replicò il giovane carabiniere.

L'ufficiale acconsentì con un cenno della testa e un sorriso.

<uno dei sommozzatori del corpo diceva che questo ponte è maledetto, a cosa si riferiva?>

Il tenente scosse la testa.

<Vero, tu sei nuovo di qui. Questa è la terza auto con un uomo solo a bordo che finisce nel fiume negli ultimi sedici mesi. Inspiegabile. E poi c'è la storiaccia di quella ragazza, stuprata e gettata nel fiume, proprio qui, quasi due anni fa. Mai trovato il colpevole. Si chiamava Greta mi pare>