mercoledì 29 agosto 2012

Bores contò il passaggio di undici monache e sette preti


Bores contò il passaggio di undici monache e sette preti.
Si mostrava capace col tempo e Marie aveva cessato ormai di angustiarsi per questa sua mania.
Restarono a lungo immobili, finché lui aprì la bocca, stizzito contro se stesso di mostrarsi così immusonito, chiedendosi, come sempre senza risposta, perché la sua mente non riusciva mai a mantenere un filo logico senza perdersi immancabilmente in oscuri voli pindarici.
Disse: << Io... non capisco. ma voi, però, avete fatto qualcosa?>>.
Aspirava e soffiava fuori il fumo. Tanto era grande lui, tanto piccola quella sottile sigaretta, un suo vecchio vezzo che mai aveva abbandonato.
Marie sorrise con uno sguardo complice: << in un modo, parola mia, di cui sono ancora adesso orgogliosa! Porta ancora il lutto di sua sorella!>>
Niente da fare, era una specie di estasi. Nel silenzio invernale inoltrato, il rimbombo del metrò che usciva imperioso dalla sua tana era ruvido, come il suo alito e le sue guance .
<< Non ti chiedo nulla, mi basta. >>
<< Prego? Ma se se stato tu a chiedermi che avevamo fatto. >>
<< Non vorrei essere testimone di fatti a me estranei, eppoi sei stata tu a voler raccontare >>
<< Eh? Ma tu guarda che stronzo, prima ascolti, poi chiedi, e adesso vuoi ritirarti?>>
<< Per riempire il silenzio posso tentare di ascoltarti. Se proprio ci tieni. >>
<< TU? Ma vaffanculo! >>
<< Grazie.. >>
<< PREGO! >>
Marie si alzò di scatto. Lui restò seduto sulla panchina sollevando lo sguardo su di lei mentre si allontanava freneticamente, un passo in linea con l'altro, le braccia aperte ad equilibrare un andamento leggermente alterato.
Era piccola, magra, armonica, con quelle gambe sottili, nervose che avrebbero eccitato qualsiasi uomo che l'osservasse camminare da dietro. Emanava un'irrefrenabile e naturale sensualità nel suo corpo, nel suo incedere. Aveva poi, in assoluto contrasto, uno sguardo fanciullesco, dolce, innocente e gentile. Lui invece aggrottava in quello strano modo verso l'alto le sopracciglia, così che la sua espressione normale sembrava sempre tesa all'implorazione.

domenica 26 agosto 2012

Cinquanta

 
 
 
 

Cinquanta


La macchina si ferma. E' un ragazzo piuttosto giovane che abbassa il finestrino elettrico. Non chiede nulla, mi guarda con un sorrisetto compiaciuto e aspetta solo che io gli dica il prezzo.
- Cinquanta -, dico con voce stanca.
Lui si allunga verso di me facendo di sì con la testa e mi spalanca con un gesto veloce la portiera.
- Che fai? Non sali? -
Mi dice il ragazzo, un poco spazientito.
Lo osservo. Ha un'ombra di barba, ma il viso gentile. Il look casual è più curato di quanto sembri, i jeans sono di marca, la camicia rivela la paperella brooksfield, e, sul polso della mano sinistra, brilla un rolex.
Salgo sull'auto. Una golf grigia, che, appena ho chiuso la portiera, parte rapida lungo la strada.
Mentre guida mi scruta con un'occhiata che sembra quasi un esame. Dal viso scende lungo il mio corpo fino alle gambe, quasi totalmente esposte dalla minigonna, che, sul sedile, è risalita ulteriormente. Poi torna a concentrarsi sulla guida, senza parlare.
Decido allora di provare a rompere il ghiaccio, forse è un timido, anche se non ne ha per nulla l'aspetto.
- Ciao, io sono Mary -

venerdì 17 agosto 2012



La Rossa

La pioggia scura, sporca e inquinata cadeva fitta e sottile sul parabrezza dell'auto. I tergicristalli ormai usurati stridevano nel loro ritmico, ipnotico incedere lungo il vetro. La fredda luce a led del lampione sotto cui eravamo parcheggiati illuminava appena l'interno del nostro abitacolo in quella plumbea notte di settembre.
Carlo, seduto al volante si era appena macchiato la divisa nera con una schizzata di maionese dal terzo tramezzino con cui si stava praticamente ingozzando. Io tornai a guardare, senza vedere, fuori dal finestrino le gocce che battevano sul freddo vetro contro cui la mia fronte era appoggiata. Mancavano ancora tre ore alla fine del turno, tre ore all'alba di un'ennesima nottata senza senso.
Erano ormai passati 5 mesi e 8 giorni da quando Elisabetta se n'era andata. Semplicemente ero rientrato a casa ed era sparita, insieme alle sue cose e anche diverse delle mie. A conti fatti non era stata una così grande idea portarmela a casa, ma era riuscita a farmi perdere la testa, e poi aveva un modo di scoparmi assolutamente irresistibile. Mi ero ritrovato innamorato perso senza accorgermene.
Non avevo più toccato una donna da allora, probabilmente non ero mai stato così a lungo senza godere, almeno da quando, ragazzino, avevo scoperto i primi piaceri della masturbazione.
Il microauricolare innestato dietro l'orecchio emise la nota pulsazione prima di una comunicazione dalla centrale, quindi la voce roca del maresciallo di guardia cancellò le immagini di Eli dalla mia mente.
- Auto 13, segnalate urla e rumori sospetti al terzo piano in via Umberto Bossi, civico 138, andate a controllare -

martedì 14 agosto 2012

La Biblioteca




LA BIBLIOTECA


Cammino silenzioso, distratto, sono entrato colto da improvvisa ispirazione, e forse anche per ripararmi dall'imminente temporale che si sta scatenando sulla città.
La biblioteca è antica, quasi vetusta, lunghi scaffali in legno scuro, odorosi di vecchio, di carta, di olio e cera per legno, ricolmi di libri di ogni genere, con un predominio di vecchi volumi.
Mi aggiro per le sale male illuminate, vuote, silenziose, i miei passi scricchiolano lievi sul parquet, quasi disturbando una strana sacralità del luogo, mi accosto ora ad uno scaffale, ora ad un altro, curiosando senza un preciso scopo.
Ecco una vecchia edizione della divina commedia, altri scritti di Dante, e Petrarca, poi la mia mano scivola sulla rilegatura de le fleur du mal, originale in francese di Baudelaire, e su Leopardi, e poi Voltaire fino a giungere su Borges, il libro di sabbia, e la biblioteca di babele. E' quasi un gesto automatico tirarlo verso di me con l'indice e sfilarlo dall'ordinata fila dei volumi, ed ecco improvviso mi appare un occhio bellissimo, verde, lucente come un mare calmo, e uno sguardo quasi sorpreso che mi fissa, dal lato opposto dello scaffale.
Uno sguardo dolcissimo, femminile, su cui mi soffermo a lungo, quasi ammaliato da un ipnosi ultraterrena. Finché un fortissimo tuono mi scuote e un rilucente lampo dalle alte e opache finestre contrasta lo spegnersi contemporaneo di tutte le luci del locale, lasciando tutta la biblioteca preda di un'oscurità intensa, interrotta solo dagli ormai frequenti lampi alle finestre. Quando però torno a fissare attraverso il piccolo spazio lasciato libero dal volume tolto vedo solo il vuoto, nessuna traccia dello sguardo, e della sua proprietaria.

lunedì 6 agosto 2012

Bianca




BIANCA



Un forte tuono scuote l'aria stessa con il suo fragore, destando dal sonno la ragazza. I suoi occhi sbattono piano mentre cerca di scacciare il torpore dalla mente, poi un secondo tuono, ancora più violento la fa sobbalzare mentre cerca invano di individuare qualcosa nella profonda oscurità in cui si trova. Alcuni brividi di freddo la scuotono leggermente ed è in questo momento che si rende conto di non avere assolutamente nulla addosso, niente abiti o gioielli. Dopo essersi stretta un po' le braccia con le mani, quasi a cercare il conforto di un abbraccio, viene scossa dall'ennesimo tuono mentre la sua mente inizia finalmente a cercare di comprendere cosa le sta accadendo.

Sotto di lei sente la dolce ruvidezza di un tappeto sul quale era addormentata. L'oscurità intorno è totale e rende inutile il suo sforzo di distinguere qualche particolare del luogo che la circonda. Il respiro si fa più rapido e i brividi aumentano, nonostante la temperatura non sia fredda. Infine l'unica soluzione per cercare di fermare questi tremiti è sedersi accucciata e stringersi le gambe tra le braccia. Una piccola lacrima di paura e tensione le solca la liscia guancia scivolando fino all'angolo del labbro, per essere poi inconsciamente raccolta dalla lingua. Iil sapore salato e fresco ha il potere di riportare un poco di calma nella mente della giovane, che comincia freneticamente a lavorare per cercare di scoprire di più del luogo in cui si trova.

Alcuni forzati, lunghi respiri profondi riportano la calma sulla sua pelle, quindi il suo viso inizia nuovamente a girare intorno, purtroppo senza risultato perché l'oscurità è sempre totale. Cerca quindi di tendere l'orecchio per provare a sentire eventuali rumori, ma l'unico suono veramente presente è il tuono che periodicamente la fa sussultare, oltre a quello che sembra rumore di vento che scuote cime di alberi.

I respiri profondi le avvicinano, oltre al profumo del suo corpo, anche altri lievi odori, che ora cerca razionalmente di distinguere. Il primo, più forte, è di legno, probabilmente incerato, poi un vago sentore di chiuso, infine una strana essenza profumata che però non riesce a identificare.

domenica 5 agosto 2012



Walking Dead



Giorno da 1 a 3.
L'orda degli Zombie non ci da tregua. Sono già tre giorni che lottiamo, fuggendo dal morbo che attanaglia la città, e probabilmente il globo intero. Del gruppo originale siamo sopravvissuti solo in sei, esclusa Anna naturalmente.

Solo quattro giorni fa eravamo diciotto. Una cena tra vecchi compagni di liceo come si organizzava tutti gli anni, solo che questa volta è stata decisamente spaventosa. Avevamo mangiato solo l'antipasto, un misto mare con un ostrica dal sapore decisamente troppo metallico, quando nella sala principale del ristorante giapponese “Sotto il Vulcano“ è scoppiato il finimondo. Quelli che sembravano un gruppo di pazzi piombati nel mezzo della sala si erano poi rivelati veri morti viventi, che avevano assalito a graffi e morsi avventori e camerieri. Tutto è divenuto un caos totale e ho visto cadere diversi vecchi compagni sotto le loro fauci voraci.

Uno si è gettato su di me. Ho maledetto le bacchette usate per mangiare, avessi avuto almeno un bel coltello tra le mani! Con un tuffo sul tavolo sono riuscito a sfuggirgli, rimediando solo uno strappo sui jeans nuovi. Al mio posto si è però mangiato Ferrari. Quel secchione mi stava sulle palle da vent'anni, ma non è stata comunque una gran rivincita vedere la sua faccia dilaniata dai denti del morto vivente. Anni e anni di film e giochi al pc mi avevano però preparato per situazioni di questo tipo, così ho preso in mano la situazione radunando a spintoni e urla sette compagni ancora illesi ma imbambolati, spingendoli verso le cucine.

Avevo due cose in mente, impadronirmi delle due Katane appese incrociate sulla parete di fondo e cercare una via d'uscita secondaria per evitare il carnaio all'ingresso. Sono riuscito bene in entrambe. Ho preso le due spade e, impugnata la Katana con il manico rosso, ho messo l'altra in mano a Mario, che tra tutti mi sembrava il meno frastornato. Oltrepassata la porta della cucina, siamo riusciti a chiuderla, bloccandola alle nostre spalle con un grande carrello portavivande. Purtroppo ci siamo ritrovati solo in sei, Giovanni era sparito lungo il tragitto. Li ho fatti muovere rapidi verso il fondo, la porta non avrebbe resistito a lungo, facendo in modo che tutti, anche le tre donne, impugnassero un paio di mannaie e alcuni coltelli lunghi trovati sui banchi da lavoro.