La
Tigre
Lo squillo della
campanella lo interruppe.
- Continueremo la
prossima volta ragazzi.
Disse
raccogliendo libri e fogli sparsi sull'ampia cattedra in legno
massiccio, mentre dall'aula molti studenti iniziavano ad alzarsi.
- Ricordate,
eentro venerdì voglio la relazione sui punti di convergenza tragica
tra Shakespeare e De Sade e il ruolo della donna in relazione al loro
pensiero.
Sorrise sentendo
il mormorio infastidito di diversi studenti, soprattutto il piccolo
gruppo in alto a destra. Quei giocatori della squadra di football
avevano scelto il suo corso pensando che, essendo stato in passato un
abile quarterback, avrebbe avuto un occhio di riguardo. Non avrebbero
potuto sbagliare di più.
“Teste di
legno” Pensò. “Nemmeno in grado di leggere fluentemente
Skakespeare, altro che comprenderne le sfumature”.
Una studentessa,
Jennifer Logan, si avvicinò ancheggiando in una minigonna che nulla
lasciava all'immaginazione. Si fermò davanti a lui, più vicina di
quanto l'etichetta o il buon senso potessero consigliare e gli parlò
con la bocca talmente vicina che, non solo sentì il profumo della
gomma alla menta, ma anche un sentore di cioccolato, probabile
ripieno delle ciambelle della sua colazione.
- Professore,
ricorda? Aveva promesso di mostrarmi le sue copie antiche di Amleto e
Otello? Io nel pomeriggio sarei libera.
“Sì, libera
di farti sbattere per ore sul mio divano immagino. Puttanella”
Pensò, ma
sorridendo rispose:
- Mi dispiace,
oggi non è possibile, ho un appuntamento irrinunciabile, ma venerdì
sera sarò libero. Ti aspetto alle sette.
“E così
vedremo se sei apparenza o se sotto quella gonna c'è davvero del
fuoco che arde”
Disse tra sé,
allontanandosi.
Richard Winthrop, professore emerito, lasciò l'imponente edificio
della facoltà di letteratura della Miskatonic University per
dirigersi al parcheggio del campus, da dove, tra gli sguardi curiosi
e ammirati degli di studenti in giro, uscì rombando sulla sua
Porsche blu.
Era figlio di Aleister Winthrop, ex governatore del New England e
Senatore. Diretto discendente del fondatore stesso della città di
Boston e membro di una delle famiglie più antiche e ricche dell'East
Coast.
Fischiettando l'ultima canzone di Lady Gaga, che usciva dallo stereo
dell'auto, entrò nel vialetto privato che l'avrebbe condotto alla
sua villa, isolata e circondata da alte conifere.
Nessuno
della sua famiglia, in primis suo padre, il Senatore, aveva mai
davvero compreso perché quel figlio così brillante come studente e
come atleta, laureato a pieni voti a Harvard, avesse deciso di
dedicarsi all'insegnamento in quell'università isolata, nella
cittadina di Arkham. Se proprio voleva insegnare, gli urlò suo
padre, quando gli comunicò quella per lui inspiegabile decisione,
avrebbe potuto farlo a Harvard o Yale. Ma Rich, così lo chiamavano
tutti, fin dal liceo, con la c dolce, era stato irremovibile. Così
mentre i suoi fratelli si ritagliavano ruoli di primo piano, Charles
come avvocato e Randolph come finanziere d'assalto, si era
ritirato nel suo eremo senza fornire spiegazioni soddisfacenti,
almeno secondo il clan Winthrop.
Parcheggiò sul vialetto in ghiaia ed entrò in casa. Si trattava di
un antico edificio in pietra che lui stesso aveva ristrutturato
secondo personali progetti. La casa era vuota, visto che, scapolo
impenitente, Rich amava, come diceva a tutti, la solitudine. Solo un
paio di domestiche venivano la mattina a mantenere l'abitazione in
ordine.
Si diresse in
cucina, prese un secchiello d'argento riempiendolo di ghiaccio e ci
mise una bottiglia di Cristall, il suo champagne preferito, prese un
calice di baccarat,e si avviò verso la sala del biliardo. Era in
parte sotto lo scalone principale che conduceva al piano nobile, un
ampio arco a vetrata la separava dal salone e le forniva luce, le
altre pareti erano di pietra, antiche come lo stato stesso, diceva ai
rari ospiti.
Si avvicinò al
grande mobile di legno scuro che occupava la parete di fondo.
Armeggiò in diversi punti e con un clack sonoro aprì un'apertura
segreta, mentre parte del mobile ruotava dolcemente. Raccolto lo
champagne, entrò nell'apertura scendendo alti e ripidi gradoni in
pietra scura. Una fredda luce al neon rischiarò la lunga discesa,
verso un livello al di sotto dell'ampia e ricca cantina.
Rich giunse a una
grande, moderna porta metallica. Compose un codice e con uno scatto
la porta si aprì. Entrò quindi in un'anticamera rettangolare, con
tre porte simili sugli altri lati. Si diresse a destra e con un nuovo
codice l'aprì. Dall'interno della stanza udì un sordo, cupo e roco
mugolio.
Entrò. La camera
era ampia, seppur con il soffitto basso. Sulla destra un'apertura
conduceva a un bagno, sul lato opposto c'era un semplice tatami
matrimoniale. Al centro della stanza, una giovane donna era appesa
per le braccia, tramite una catena a un gancio nel soffitto. Lo
guardò con occhi spalancati, colmi di terrore, mugolando la sua
disperazione attraverso una gagball rossa che le bloccava la bocca.
Era nuda, il corpo costellato di lividi, striato da staffilate, tagli
e ferite, e insanguinato. I piedi nudi poggiavano appena a terra, per
cui era costretta a reggersi sulle punte, oppure cedere e lasciare
che il suo peso gravasse sulle braccia tese e sofferenti.
Le sorrise,
accennando un saluto. Posò il secchiello sul tavolo, stappò lo
champagne, lo versò lentamente nel bicchiere e si sedette su una
poltrona di pelle, gustando insieme il sapore del Cristall e i
lamenti disperati e l'orrore nello sguardo di lei.
Perchè Richard
Winthrop, primo del suo corso a Harward, uno dei QI più elevati
nella storia di quella scuola prestigiosa era un sadico. Un sadico
sessuale.
Si versò un
secondo bicchiere, che finì spogliandosi, senza smettere di
guardarla e assaporare il suo pianto ininterrotto e i suoi lamenti
disperati. Infine si avvicinò a lei ridendo.
- Cara Jennifer,
dobbiamo proprio salutarci.
Le disse.
- Sei stata una
deliziosa marionetta, ma ormai sono tre mesi che gioco con i tuoi
fili, e sono logori, come il mio piacere.
La ragazza tentò
di urlare, di dire qualcosa, ma tutto quello che usciva dalla sua
gola erano incomprensibili guaiti di terrore.
- Shhh shhh. Non
vorrai mica rovinare i nostri ultimi momenti tesoro.
Le disse mentre le
stringeva forte tra le dita i capezzoli, quindi l'afferrò per le
natiche tirandola a se e penetrandola violentemente. La scopò a
lungo, profondamente e lentamente, mentre le sussurrava orrori
all'orecchio, su come l'avrebbe fatta a pezzi poco a poco,e buttato i
resti in un profondo pozzo dove nessuno avrebbe mai più trovato
nulla di lei. E la mordeva, stringeva i denti sul collo sottile,
sulle orecchie, sulle spalle e persino sulle guance, lasciando
profondi segni di dolore e sangue, marchiandola sempre più.
Infine venne
dentro di lei. Un orgasmo intenso, delizioso. Si staccò, con il pene
ancora parzialmente rigido e gocciolante sperma. Sollevò le mani
sganciando dalla catena le polsiere di pelle. La ragazza crollo a
terra piangente, lui la sollevò con malagrazia per un braccio,
tirandola verso il tavolo. Improvvisamente ebbe uno scatto, lo colpì
al viso con la mano libera cercando di fuggire, ma un paio di pugni
potenti allo stomaco distrussero ogni residua ribellione. La distese
sul lungo tavolo metallico forato, bloccandole mani e braccia, poi le
tolse la pallina di gomma dalle labbra.
Amava sentirle
urlare alla fine. Quando le tagliò la mano destra, appena sotto il
polso, gridò terribilmente. Mise la mano con cura in un barattolo
preparato appositamente, con una miscela che avrebbe avrebbe
stabilizzato e conservato i tessuti. Poi si dedicò a fare a pezzi il
resto del corpo. Le ultime urla cessarono presto.
Raccolse i pezzi
di carne, che fino a poco prima erano stati Marion Connoly, una delle
sue migliori studentesse, una delle poche che aveva ostinatamente e
fastidiosamente resistito alle sue avances, in una grossa conca che
portò nell'anticamera. Qui sollevò una antica botola di ottone. Un
rumore cupo e oscuro di acqua corrente salì rimbombando dalle
profondità, un misterioso fiume sotterraneo scorreva nel profondo
sottosuolo.
Vi gettò i pezzi.
Avrebbe poi lavato e ripulito tutto. Fece una doccia nel bagno
attiguo, indossò una vestaglia di seta e con il resto dello
champagne e il vaso con la mano si diresse verso la porta sul fondo
dell'anticamera. All'interno aveva allestito un salotto raffinato.
Accese lo stereo e Bach si diffuse nell'aria, posò il vaso su una
scrivania fine settecento e si sedette a bere e rilassarsi. Sul
mobile d'ebano a fianco della poltrona, su altrettanti cuscini di
raso rosso osservò la sua collezione.
Undici mani destre
di giovani donne.
Ne prese una.
Daisy. La mano era morbida, elastica e flessibile, chiudendo gli
occhi e passandosela sul viso aveva persino una parvenza di vita.
Ricordando i molti perversi momenti con lei il suoi pene si erse
ancora, rigido e voglioso. Iniziò a masturbarsi stringendo la mano
di Daisy intorno all'organo caldo e pulsante, seguendo la musica fino
a giungere a un orgasmo come sempre travolgente.
Venerdì. “Solo
due giorni che ho buttato Marion, e già sento il bisogno di
rinchiudere una nuova marionetta di sotto” Pensò Rich mentre
apriva a Jennifer. “Certo non posso rinchiudere questa, una
nuova sparizione al campus dopo pochi mesi sarebbe sospetta, e sono
sicuro che non sarà difficile condurla netta stanza dei giochi. E'
così troietta che non servirà nemmeno il GHB”
Infatti dopo
nemmeno mezz'ora, senza aver manifestato il minimo interesse per i
libri antichi, la dolce sensuale miss Logan era legata a una croce di
sant'andrea, mentre mugolando si godeva una profonda penetrazione
anale. Lui sodomizzò con gusto. Si era rivelata più sottomessa e
disponibile di quanto avesse immaginato e si era divertito abbastanza
a stuzzicarla, sculacciarla e sottometterla, anche se ora era
annoiato.
Così, senza reale
violenza e dolore, senza succhiare la paura dal suo corpo e dai suoi
occhi, il piacere sublime sfumava in mero godimento fisico. Venne nel
suo culetto stretto e tondo, ma i suoi pensieri erano già oltre.
Puntavano tutti alla misteriosa giovane Asenath.
Sapeva poco di
lei. Una nuova iscritta al suo nuovo corso serale su Shakespeare alla
West Academy. Da anni Richard garantiva la sua presenza per corsi
gratuiti di letteratura, che tutti consideravano espressione della
sua passione e simbolo della sua generosità verso la comunità. In
realtà era uno dei suoi luoghi di caccia. Vedeva se stesso come una
tigre, una possente, feroce e solitaria tigre nel suo personale e
privato territorio, e come tutti i felini amava giocare con le sue
prede, a volte a lungo, specialmente se era sazio.
Era giunta in
città da pochi mesi, aveva scoperto, dopo un ricovero in una clinica
per ragazze con problemi alimentari. Da quanto sapeva era orfana e
con nessun legame. La preda perfetta, di cui nessuno avrebbe notato
troppo la scomparsa. In realtà non era proprio il suo tipo ideale,
così magra, priva di curve e il look trasandato, per nulla sensuale,
ma qualcosa in lei lo aveva colpito. Non solo l'attenzione che
dimostrava verso le sue parole, ma soprattutto le sue mani. Osservava
spesso le sue mani durante la lezione, mani dalle dita lunghe,
sottili, con le unghie corte sempre laccate di nero. Una mano così
mancava alla sua collezione e si scopriva sempre più spesso a
immaginarla stretta intorno al suo cazzo, duro e pulsante. Forse la
decisione di liberarsi definitivamente di Marion nasceva proprio da
questa voglia di sostituirla con lei. E naturalmente far diventare
quella mano bianca, dalle unghie nere, la tredicesima della sua
collezione.
“Speriamo non
porti sfortuna, proprio la numero tredici, così in stile Addams”
Pensò ridendo.
Resistette ancora
un paio di settimane, durante le quali sublimò le sue sadiche
fantasie godendosi alcune delle sue schiavette abituali, scelte
sempre nel campus; deliziando la sua crudeltà ridendo tra se ogni
volta in cui uno delle migliaia di cartoni del latte, con la foto
della dolce Marion e la scritta missing, gli capitava davanti e
fantasticando su tutto ciò che avrebbe fatto alla sua nuova preda,
la piccola e ribelle Asenath.
Fece scattare la
sua trappola appena terminata la lezione serale. Dopo aver chiesto
alla ragazza qualche inutile chiarimento su una sua relazione, la
convinse, senza trappa fatica in fondo, a una frugale cena da lui,
con il pretesto di mostrarle la sua antica collezione di volumi
teatrali. Scoprì poco a poco che lei era davvero una persona
curiosa, molto più profonda di quanto avesse sospettato.
Naturalmente lei non fece alcun tentativo di avances sessuale, era
tutto fuorché civetta, e sembrò veramente interessata ai libri e
alla casa. Rich però continuava a osservare concupiscente le sue
mani. Quando un paio di volte le aveva sfiorate, aiutandola a salire
in auto e accogliendola in casa si era prepotentemente eccitato. La
sua mente ora vorticava, gustandosi l'attesa, fino al momento in cui
sarebbe stata sua, in cui poco a poco, con il dolore e il terrore
avrebbe fatto tutto, qualsiasi cosa lui chiedesse, implorandolo
sempre di non smettere.
Si divertì,
mentre assaporava quei pensieri, a mostrarle l'intera abitazione. Le
narrò tutti i particolari della sua antica storia che era riuscito
poco a poco ad apprendere, compresa la leggenda, cui lui in realtà
aveva dato poco peso, che fosse stata un tempo dimora di una congrega
di stregoni e quindi abitata da fantasmi.
Infine la fece
accomodare in uno dei salottini. Portò dalla cucina una bottiglia di
vino, Chardonnay della California, e un vassoio con stuzzichini
salati. Nel bicchiere di Asenath aveva versato una abbondante dose di
GHB. Droga dello stupro la chiamavano i media, e in effetti era
perfetta per quello, causava torpore, eccitazione, e soprattutto
faceva dimenticare ciò che era successo dopo l'assunzione. Perfetta
per godersi quelle che si rivelavano più resistenti al suo fascino o
alle sue proposte estreme, e che, per svariate ragioni, non poteva
far scomparire.
Bevvero poco a
poco tutta la bottiglia, mangiando e chiacchierando, finché vide
evidenti i segni della droga iniziare l'effetto. Rossore su quel viso
così candido, respiro più affannoso e occhi che faticava a
mantenere aperti, oltre a movimenti lievi, incontrollati delle sue
sottili gambe, che sfregavano tra loro, segno di una eccitazione
interiore che iniziava a pervaderla. Quando vide che faticava a
mantenere la testa sollevata e stava per perdere i sensi decise di
agire.
Si alzò dalla
poltrona, ma un forte crampo alla gamba destra lo bloccò. Poi anche
l'altra gamba gli cedette, e cadde sul pavimento, riuscendo appena a
usare le braccia per rallentare l'urto.
- Che cazzo mi
succede!
Imprecò tra se,
ad alta voce. Poi sentì che anche la bocca rifiutava di muoversi,
così come le braccia e il resto del corpo. Restò disteso a terra,
su un fianco. Solo gli occhi si muovevano liberamente, e vide che la
ragazza si era accasciata sul divano, con il respiro affannoso.
Il corpo di
Richard era completamente bloccato, solo la mente, i pensieri
vorticavano.
“Ho un
ictus?”Pensò per prima cosa. “Oppure una paresi!”
Scartò però
subito entrambe le opzioni, il suo cervello era a posto e funzionava
perfettamente. Percorse rapido le sue non pessime nozioni di
medicina, ma nulla poteva spiegare davvero quella situazione. Poi,
come ripeteva sempre Sherlock Holmes, scartato il possibile,
l'impossibile diventa realtà. Comprese che lei doveva avergli messo
qualcosa nel bicchiere, sicuramente quando gli aveva chiesto un po'
d'acqua e lui si era recato un attimo in cucina.
“Maledetta
puttana!” Pensò. “Appena mi riprendo vedrai, ti farò
pentire di essere venuta al mondo”
La paralisi però
non accennava a diminuire. Rimase a lungo disteso, respirando a
fatica e guardandola addormentata sul divano, le gambe semiaperte,
tra cui intravedeva il chiarore delle mutandine bianche sotto la
gonna corta, e le mani, quelle desiderabili mani abbandonate fino a
terra. Avrebbe voluto morderle ora, strapparle la carne e le dita.
Come aveva osato far questo? A lui, alla Tigre! Sicuramente era una
ladra, dedusse. Probabilmente aveva in mente di svuotargli la casa
degli oggetti più preziosi. Era risaputo che lui fosse un uomo molto
ricco.
Infine, dopo un
tempo interminabile, iniziò a sentire un formicolio e un calore alle
membra ancora bloccate. La lingua e la mascella tornarono a muoversi
lentamente, ma anche Asenath stava rinvenendo. La vide sollevarsi a
fatica, scuotere la testa e schiacciare gli occhi più volte. Poi si
voltò di lato vomitando sul suo tappeto persiano. Ancora impotente
la osservò sollevarsi dal divano, barcollante. Bevve dell'acqua, che
sputò in parte, sempre sul tappeto, quindi si versò in testa la
caraffa. I corti capelli Biondi, con strisce rosse si appiccicarono
alla sua testa, gocciolando sulla maglia nera, troppo grande, che
indossava spostata di lato e con una spalla fuori. Poi la vide
avvicinarsi a lui con uno strano ghigno sul viso.
- Ma che ricco
bastardo.
Gli disse,
inginocchiandosi accanto alla sua testa, ancora poggiata a terra.
Provò a risponderle, ma non uscì che un lamento intelligibile. Le
sue labbra si avvicinarono ancora. Lui percepì con disgusto l'odore
del vomito mentre gli parlava a pochi centimetri dal viso.
- E così anche tu
avevi in mente una serata inaspettata. Cosa volevi? Scoparmi?
Sbattermi con il tuo cazzo e intanto domani avrei dimenticato tutto?
La vide allungarsi
a prendere la sua grossa sghemba borsa nera, che era poggiata a terra
accanto al divano. Cercò ancora di muoversi o parlare, ma il corpo
stava appena iniziando a riprendere sensibilità. Tutto ciò che
sentiva era formicolio e dolore, un leggero dolore elettrico che lo
attraversava. Sbarrò gli occhi quando la vide estrarre un grosso
coltello Bowie da caccia dalla borsa.
- Ti piace?
Gli disse,
facendolo girare e muovere davanti ai suoi occhi.
- E' un vero
peccato per te che la tetrodossina stia perdendo il suo effetto,
quindi credo sentirai tutto.
Sussurrò mentre con la mano destra, quella che aveva sognato sua,
che aveva desiderato così tanto gli sbottonava i pantaloni. Con
gesti rapidi li abbassò, insieme ai boxer, liberando il suo cazzo,
che si erse duro, strappandole una risata.
- E così eri eccitato quando il paralizzante ha fatto effetto, ma
che bravo.
Ridendo abbasso la
testa e lo prese in bocca, passò la lingua alcune volte su e giù,
stringendolo tra le labbra, succhiando e gustando, quindi lo morse.
Un morso forte lungo, che lacerò la carne e le fece sentire il
sapore del sangue. Rich tentò di urlare ma uscì solo un lamento
nasale. In realtà non aveva sentito davvero molto male, la
sensibilità stava appena tornando, fu il vedere il suo magnifico,
adorato cazzo sussultare tra i denti di quella puttana a farlo
urlare.
La guardo ridere
ancora, con le labbra e la lingua sporche del suo sangue, poi la lama
del coltello discese rapida. Una, due, tre volte. Il suo cazzo e i
suoi testicoli caddero staccati. Lui chiuse gli occhi gridando
dentro. Asenath li raccolse, infilandoli in un sacchetto di plastica
da frigorifero e mise via i suoi trofei. Quindi si alzò, prese dalla
borsa una bottiglia di liquido infiammabile e la sparse per la
stanza. Dal rosso squarcio che era tutto ciò che restava della sua
virilità Richard Winthrop osservò
il sangue fluire rapido e copioso. Appena prima di perdere i sensi
vide le prime fiamme alzarsi dalle tende e dalla libreria d'angolo.
Asenath White uscì rapida dalla villa, mentre l'incendio si
diffondeva nelle altre stanze. Guardò la Porsche con un ombra di
desiderio, ma scrollando la testa si tolse il pensiero dalla mente.
Troppo pericoloso, ora doveva sparire e decidere la prossima città
universitaria, dove un altro professore ricco bastardo e
scopastudentesse avrebbe alimentato il suo odio e la sua vendetta.
Come sempre accadeva pensò a quel porco all'UCLA che l'aveva
irretita, violata e costretta all'aborto. Era stato il primo.
Quando
una tigre incontra un'altra tigre, in natura, il più delle volte non
è la più forte a prevalere, ma la più astuta e crudele.
wow caspita! mi compiaccio molto ben scritto e descritto... la vicenda è allucinante e particolare.... molto bella e devo ammettere che la fine gli sta bene ( cmq io sono Geraldina Batler! / Monica è il mio vero nome)
RispondiEliminagrazie grazie :)
Eliminanasce per un concorso horror erotico questo racconto.
E' terribile! :-))
Eliminaahhaa spero terribile nel senso horror del termine ;)
EliminaRaramente ho la pazienza di leggere post lunghi.... ma... che dire, questo me lo son letto in poco tempo e con piacere.
RispondiEliminaComplimenti Michele ;)
grazie davvero, sono contento sia stato un piacere leggermi :)
Eliminabel racconto! complimenti! :-)
RispondiEliminagrazie mille :)
Eliminaspero troverai il tempo di leggere e apprezzare anche qualche altro racconto...
Sei bravo!
RispondiEliminagrazie mille :)
Eliminamolto felice ti sia piaciuto