sabato 17 novembre 2012

La Tigre




La Tigre

Lo squillo della campanella lo interruppe.
- Continueremo la prossima volta ragazzi.
Disse raccogliendo libri e fogli sparsi sull'ampia cattedra in legno massiccio, mentre dall'aula molti studenti iniziavano ad alzarsi.
- Ricordate, eentro venerdì voglio la relazione sui punti di convergenza tragica tra Shakespeare e De Sade e il ruolo della donna in relazione al loro pensiero.
Sorrise sentendo il mormorio infastidito di diversi studenti, soprattutto il piccolo gruppo in alto a destra. Quei giocatori della squadra di football avevano scelto il suo corso pensando che, essendo stato in passato un abile quarterback, avrebbe avuto un occhio di riguardo. Non avrebbero potuto sbagliare di più.
Teste di legno” Pensò. “Nemmeno in grado di leggere fluentemente Skakespeare, altro che comprenderne le sfumature”.
Una studentessa, Jennifer Logan, si avvicinò ancheggiando in una minigonna che nulla lasciava all'immaginazione. Si fermò davanti a lui, più vicina di quanto l'etichetta o il buon senso potessero consigliare e gli parlò con la bocca talmente vicina che, non solo sentì il profumo della gomma alla menta, ma anche un sentore di cioccolato, probabile ripieno delle ciambelle della sua colazione.
- Professore, ricorda? Aveva promesso di mostrarmi le sue copie antiche di Amleto e Otello? Io nel pomeriggio sarei libera.
Sì, libera di farti sbattere per ore sul mio divano immagino. Puttanella
Pensò, ma sorridendo rispose:
- Mi dispiace, oggi non è possibile, ho un appuntamento irrinunciabile, ma venerdì sera sarò libero. Ti aspetto alle sette.
E così vedremo se sei apparenza o se sotto quella gonna c'è davvero del fuoco che arde
Disse tra sé, allontanandosi.
Richard Winthrop, professore emerito, lasciò l'imponente edificio della facoltà di letteratura della Miskatonic University per dirigersi al parcheggio del campus, da dove, tra gli sguardi curiosi e ammirati degli di studenti in giro, uscì rombando sulla sua Porsche blu.

Era figlio di Aleister Winthrop, ex governatore del New England e Senatore. Diretto discendente del fondatore stesso della città di Boston e membro di una delle famiglie più antiche e ricche dell'East Coast.
Fischiettando l'ultima canzone di Lady Gaga, che usciva dallo stereo dell'auto, entrò nel vialetto privato che l'avrebbe condotto alla sua villa, isolata e circondata da alte conifere.
Nessuno della sua famiglia, in primis suo padre, il Senatore, aveva mai davvero compreso perché quel figlio così brillante come studente e come atleta, laureato a pieni voti a Harvard, avesse deciso di dedicarsi all'insegnamento in quell'università isolata, nella cittadina di Arkham. Se proprio voleva insegnare, gli urlò suo padre, quando gli comunicò quella per lui inspiegabile decisione, avrebbe potuto farlo a Harvard o Yale. Ma Rich, così lo chiamavano tutti, fin dal liceo, con la c dolce, era stato irremovibile. Così mentre i suoi fratelli si ritagliavano ruoli di primo piano, Charles come avvocato e Randolph come finanziere d'assalto, si era ritirato nel suo eremo senza fornire spiegazioni soddisfacenti, almeno secondo il clan Winthrop.
Parcheggiò sul vialetto in ghiaia ed entrò in casa. Si trattava di un antico edificio in pietra che lui stesso aveva ristrutturato secondo personali progetti. La casa era vuota, visto che, scapolo impenitente, Rich amava, come diceva a tutti, la solitudine. Solo un paio di domestiche venivano la mattina a mantenere l'abitazione in ordine.
Si diresse in cucina, prese un secchiello d'argento riempiendolo di ghiaccio e ci mise una bottiglia di Cristall, il suo champagne preferito, prese un calice di baccarat,e si avviò verso la sala del biliardo. Era in parte sotto lo scalone principale che conduceva al piano nobile, un ampio arco a vetrata la separava dal salone e le forniva luce, le altre pareti erano di pietra, antiche come lo stato stesso, diceva ai rari ospiti.
Si avvicinò al grande mobile di legno scuro che occupava la parete di fondo. Armeggiò in diversi punti e con un clack sonoro aprì un'apertura segreta, mentre parte del mobile ruotava dolcemente. Raccolto lo champagne, entrò nell'apertura scendendo alti e ripidi gradoni in pietra scura. Una fredda luce al neon rischiarò la lunga discesa, verso un livello al di sotto dell'ampia e ricca cantina.
Rich giunse a una grande, moderna porta metallica. Compose un codice e con uno scatto la porta si aprì. Entrò quindi in un'anticamera rettangolare, con tre porte simili sugli altri lati. Si diresse a destra e con un nuovo codice l'aprì. Dall'interno della stanza udì un sordo, cupo e roco mugolio.
Entrò. La camera era ampia, seppur con il soffitto basso. Sulla destra un'apertura conduceva a un bagno, sul lato opposto c'era un semplice tatami matrimoniale. Al centro della stanza, una giovane donna era appesa per le braccia, tramite una catena a un gancio nel soffitto. Lo guardò con occhi spalancati, colmi di terrore, mugolando la sua disperazione attraverso una gagball rossa che le bloccava la bocca. Era nuda, il corpo costellato di lividi, striato da staffilate, tagli e ferite, e insanguinato. I piedi nudi poggiavano appena a terra, per cui era costretta a reggersi sulle punte, oppure cedere e lasciare che il suo peso gravasse sulle braccia tese e sofferenti.
Le sorrise, accennando un saluto. Posò il secchiello sul tavolo, stappò lo champagne, lo versò lentamente nel bicchiere e si sedette su una poltrona di pelle, gustando insieme il sapore del Cristall e i lamenti disperati e l'orrore nello sguardo di lei.
Perchè Richard Winthrop, primo del suo corso a Harward, uno dei QI più elevati nella storia di quella scuola prestigiosa era un sadico. Un sadico sessuale.
Si versò un secondo bicchiere, che finì spogliandosi, senza smettere di guardarla e assaporare il suo pianto ininterrotto e i suoi lamenti disperati. Infine si avvicinò a lei ridendo.
- Cara Jennifer, dobbiamo proprio salutarci.
Le disse.
- Sei stata una deliziosa marionetta, ma ormai sono tre mesi che gioco con i tuoi fili, e sono logori, come il mio piacere.
La ragazza tentò di urlare, di dire qualcosa, ma tutto quello che usciva dalla sua gola erano incomprensibili guaiti di terrore.
- Shhh shhh. Non vorrai mica rovinare i nostri ultimi momenti tesoro.
Le disse mentre le stringeva forte tra le dita i capezzoli, quindi l'afferrò per le natiche tirandola a se e penetrandola violentemente. La scopò a lungo, profondamente e lentamente, mentre le sussurrava orrori all'orecchio, su come l'avrebbe fatta a pezzi poco a poco,e buttato i resti in un profondo pozzo dove nessuno avrebbe mai più trovato nulla di lei. E la mordeva, stringeva i denti sul collo sottile, sulle orecchie, sulle spalle e persino sulle guance, lasciando profondi segni di dolore e sangue, marchiandola sempre più.
Infine venne dentro di lei. Un orgasmo intenso, delizioso. Si staccò, con il pene ancora parzialmente rigido e gocciolante sperma. Sollevò le mani sganciando dalla catena le polsiere di pelle. La ragazza crollo a terra piangente, lui la sollevò con malagrazia per un braccio, tirandola verso il tavolo. Improvvisamente ebbe uno scatto, lo colpì al viso con la mano libera cercando di fuggire, ma un paio di pugni potenti allo stomaco distrussero ogni residua ribellione. La distese sul lungo tavolo metallico forato, bloccandole mani e braccia, poi le tolse la pallina di gomma dalle labbra.
Amava sentirle urlare alla fine. Quando le tagliò la mano destra, appena sotto il polso, gridò terribilmente. Mise la mano con cura in un barattolo preparato appositamente, con una miscela che avrebbe avrebbe stabilizzato e conservato i tessuti. Poi si dedicò a fare a pezzi il resto del corpo. Le ultime urla cessarono presto.
Raccolse i pezzi di carne, che fino a poco prima erano stati Marion Connoly, una delle sue migliori studentesse, una delle poche che aveva ostinatamente e fastidiosamente resistito alle sue avances, in una grossa conca che portò nell'anticamera. Qui sollevò una antica botola di ottone. Un rumore cupo e oscuro di acqua corrente salì rimbombando dalle profondità, un misterioso fiume sotterraneo scorreva nel profondo sottosuolo.
Vi gettò i pezzi. Avrebbe poi lavato e ripulito tutto. Fece una doccia nel bagno attiguo, indossò una vestaglia di seta e con il resto dello champagne e il vaso con la mano si diresse verso la porta sul fondo dell'anticamera. All'interno aveva allestito un salotto raffinato. Accese lo stereo e Bach si diffuse nell'aria, posò il vaso su una scrivania fine settecento e si sedette a bere e rilassarsi. Sul mobile d'ebano a fianco della poltrona, su altrettanti cuscini di raso rosso osservò la sua collezione.
Undici mani destre di giovani donne.
Ne prese una. Daisy. La mano era morbida, elastica e flessibile, chiudendo gli occhi e passandosela sul viso aveva persino una parvenza di vita. Ricordando i molti perversi momenti con lei il suoi pene si erse ancora, rigido e voglioso. Iniziò a masturbarsi stringendo la mano di Daisy intorno all'organo caldo e pulsante, seguendo la musica fino a giungere a un orgasmo come sempre travolgente.

Venerdì. “Solo due giorni che ho buttato Marion, e già sento il bisogno di rinchiudere una nuova marionetta di sotto” Pensò Rich mentre apriva a Jennifer. “Certo non posso rinchiudere questa, una nuova sparizione al campus dopo pochi mesi sarebbe sospetta, e sono sicuro che non sarà difficile condurla netta stanza dei giochi. E' così troietta che non servirà nemmeno il GHB
Infatti dopo nemmeno mezz'ora, senza aver manifestato il minimo interesse per i libri antichi, la dolce sensuale miss Logan era legata a una croce di sant'andrea, mentre mugolando si godeva una profonda penetrazione anale. Lui sodomizzò con gusto. Si era rivelata più sottomessa e disponibile di quanto avesse immaginato e si era divertito abbastanza a stuzzicarla, sculacciarla e sottometterla, anche se ora era annoiato.
Così, senza reale violenza e dolore, senza succhiare la paura dal suo corpo e dai suoi occhi, il piacere sublime sfumava in mero godimento fisico. Venne nel suo culetto stretto e tondo, ma i suoi pensieri erano già oltre. Puntavano tutti alla misteriosa giovane Asenath.
Sapeva poco di lei. Una nuova iscritta al suo nuovo corso serale su Shakespeare alla West Academy. Da anni Richard garantiva la sua presenza per corsi gratuiti di letteratura, che tutti consideravano espressione della sua passione e simbolo della sua generosità verso la comunità. In realtà era uno dei suoi luoghi di caccia. Vedeva se stesso come una tigre, una possente, feroce e solitaria tigre nel suo personale e privato territorio, e come tutti i felini amava giocare con le sue prede, a volte a lungo, specialmente se era sazio.
Era giunta in città da pochi mesi, aveva scoperto, dopo un ricovero in una clinica per ragazze con problemi alimentari. Da quanto sapeva era orfana e con nessun legame. La preda perfetta, di cui nessuno avrebbe notato troppo la scomparsa. In realtà non era proprio il suo tipo ideale, così magra, priva di curve e il look trasandato, per nulla sensuale, ma qualcosa in lei lo aveva colpito. Non solo l'attenzione che dimostrava verso le sue parole, ma soprattutto le sue mani. Osservava spesso le sue mani durante la lezione, mani dalle dita lunghe, sottili, con le unghie corte sempre laccate di nero. Una mano così mancava alla sua collezione e si scopriva sempre più spesso a immaginarla stretta intorno al suo cazzo, duro e pulsante. Forse la decisione di liberarsi definitivamente di Marion nasceva proprio da questa voglia di sostituirla con lei. E naturalmente far diventare quella mano bianca, dalle unghie nere, la tredicesima della sua collezione.
Speriamo non porti sfortuna, proprio la numero tredici, così in stile Addams” Pensò ridendo.

Resistette ancora un paio di settimane, durante le quali sublimò le sue sadiche fantasie godendosi alcune delle sue schiavette abituali, scelte sempre nel campus; deliziando la sua crudeltà ridendo tra se ogni volta in cui uno delle migliaia di cartoni del latte, con la foto della dolce Marion e la scritta missing, gli capitava davanti e fantasticando su tutto ciò che avrebbe fatto alla sua nuova preda, la piccola e ribelle Asenath.
Fece scattare la sua trappola appena terminata la lezione serale. Dopo aver chiesto alla ragazza qualche inutile chiarimento su una sua relazione, la convinse, senza trappa fatica in fondo, a una frugale cena da lui, con il pretesto di mostrarle la sua antica collezione di volumi teatrali. Scoprì poco a poco che lei era davvero una persona curiosa, molto più profonda di quanto avesse sospettato. Naturalmente lei non fece alcun tentativo di avances sessuale, era tutto fuorché civetta, e sembrò veramente interessata ai libri e alla casa. Rich però continuava a osservare concupiscente le sue mani. Quando un paio di volte le aveva sfiorate, aiutandola a salire in auto e accogliendola in casa si era prepotentemente eccitato. La sua mente ora vorticava, gustandosi l'attesa, fino al momento in cui sarebbe stata sua, in cui poco a poco, con il dolore e il terrore avrebbe fatto tutto, qualsiasi cosa lui chiedesse, implorandolo sempre di non smettere.
Si divertì, mentre assaporava quei pensieri, a mostrarle l'intera abitazione. Le narrò tutti i particolari della sua antica storia che era riuscito poco a poco ad apprendere, compresa la leggenda, cui lui in realtà aveva dato poco peso, che fosse stata un tempo dimora di una congrega di stregoni e quindi abitata da fantasmi.
Infine la fece accomodare in uno dei salottini. Portò dalla cucina una bottiglia di vino, Chardonnay della California, e un vassoio con stuzzichini salati. Nel bicchiere di Asenath aveva versato una abbondante dose di GHB. Droga dello stupro la chiamavano i media, e in effetti era perfetta per quello, causava torpore, eccitazione, e soprattutto faceva dimenticare ciò che era successo dopo l'assunzione. Perfetta per godersi quelle che si rivelavano più resistenti al suo fascino o alle sue proposte estreme, e che, per svariate ragioni, non poteva far scomparire.
Bevvero poco a poco tutta la bottiglia, mangiando e chiacchierando, finché vide evidenti i segni della droga iniziare l'effetto. Rossore su quel viso così candido, respiro più affannoso e occhi che faticava a mantenere aperti, oltre a movimenti lievi, incontrollati delle sue sottili gambe, che sfregavano tra loro, segno di una eccitazione interiore che iniziava a pervaderla. Quando vide che faticava a mantenere la testa sollevata e stava per perdere i sensi decise di agire.
Si alzò dalla poltrona, ma un forte crampo alla gamba destra lo bloccò. Poi anche l'altra gamba gli cedette, e cadde sul pavimento, riuscendo appena a usare le braccia per rallentare l'urto.
- Che cazzo mi succede!
Imprecò tra se, ad alta voce. Poi sentì che anche la bocca rifiutava di muoversi, così come le braccia e il resto del corpo. Restò disteso a terra, su un fianco. Solo gli occhi si muovevano liberamente, e vide che la ragazza si era accasciata sul divano, con il respiro affannoso.
Il corpo di Richard era completamente bloccato, solo la mente, i pensieri vorticavano.
Ho un ictus?”Pensò per prima cosa. “Oppure una paresi!
Scartò però subito entrambe le opzioni, il suo cervello era a posto e funzionava perfettamente. Percorse rapido le sue non pessime nozioni di medicina, ma nulla poteva spiegare davvero quella situazione. Poi, come ripeteva sempre Sherlock Holmes, scartato il possibile, l'impossibile diventa realtà. Comprese che lei doveva avergli messo qualcosa nel bicchiere, sicuramente quando gli aveva chiesto un po' d'acqua e lui si era recato un attimo in cucina.
Maledetta puttana!” Pensò. “Appena mi riprendo vedrai, ti farò pentire di essere venuta al mondo
La paralisi però non accennava a diminuire. Rimase a lungo disteso, respirando a fatica e guardandola addormentata sul divano, le gambe semiaperte, tra cui intravedeva il chiarore delle mutandine bianche sotto la gonna corta, e le mani, quelle desiderabili mani abbandonate fino a terra. Avrebbe voluto morderle ora, strapparle la carne e le dita. Come aveva osato far questo? A lui, alla Tigre! Sicuramente era una ladra, dedusse. Probabilmente aveva in mente di svuotargli la casa degli oggetti più preziosi. Era risaputo che lui fosse un uomo molto ricco.
Infine, dopo un tempo interminabile, iniziò a sentire un formicolio e un calore alle membra ancora bloccate. La lingua e la mascella tornarono a muoversi lentamente, ma anche Asenath stava rinvenendo. La vide sollevarsi a fatica, scuotere la testa e schiacciare gli occhi più volte. Poi si voltò di lato vomitando sul suo tappeto persiano. Ancora impotente la osservò sollevarsi dal divano, barcollante. Bevve dell'acqua, che sputò in parte, sempre sul tappeto, quindi si versò in testa la caraffa. I corti capelli Biondi, con strisce rosse si appiccicarono alla sua testa, gocciolando sulla maglia nera, troppo grande, che indossava spostata di lato e con una spalla fuori. Poi la vide avvicinarsi a lui con uno strano ghigno sul viso.
- Ma che ricco bastardo.
Gli disse, inginocchiandosi accanto alla sua testa, ancora poggiata a terra. Provò a risponderle, ma non uscì che un lamento intelligibile. Le sue labbra si avvicinarono ancora. Lui percepì con disgusto l'odore del vomito mentre gli parlava a pochi centimetri dal viso.
- E così anche tu avevi in mente una serata inaspettata. Cosa volevi? Scoparmi? Sbattermi con il tuo cazzo e intanto domani avrei dimenticato tutto?
La vide allungarsi a prendere la sua grossa sghemba borsa nera, che era poggiata a terra accanto al divano. Cercò ancora di muoversi o parlare, ma il corpo stava appena iniziando a riprendere sensibilità. Tutto ciò che sentiva era formicolio e dolore, un leggero dolore elettrico che lo attraversava. Sbarrò gli occhi quando la vide estrarre un grosso coltello Bowie da caccia dalla borsa.
- Ti piace?
Gli disse, facendolo girare e muovere davanti ai suoi occhi.
- E' un vero peccato per te che la tetrodossina stia perdendo il suo effetto, quindi credo sentirai tutto.
Sussurrò mentre con la mano destra, quella che aveva sognato sua, che aveva desiderato così tanto gli sbottonava i pantaloni. Con gesti rapidi li abbassò, insieme ai boxer, liberando il suo cazzo, che si erse duro, strappandole una risata.
- E così eri eccitato quando il paralizzante ha fatto effetto, ma che bravo.
Ridendo abbasso la testa e lo prese in bocca, passò la lingua alcune volte su e giù, stringendolo tra le labbra, succhiando e gustando, quindi lo morse. Un morso forte lungo, che lacerò la carne e le fece sentire il sapore del sangue. Rich tentò di urlare ma uscì solo un lamento nasale. In realtà non aveva sentito davvero molto male, la sensibilità stava appena tornando, fu il vedere il suo magnifico, adorato cazzo sussultare tra i denti di quella puttana a farlo urlare.
La guardo ridere ancora, con le labbra e la lingua sporche del suo sangue, poi la lama del coltello discese rapida. Una, due, tre volte. Il suo cazzo e i suoi testicoli caddero staccati. Lui chiuse gli occhi gridando dentro. Asenath li raccolse, infilandoli in un sacchetto di plastica da frigorifero e mise via i suoi trofei. Quindi si alzò, prese dalla borsa una bottiglia di liquido infiammabile e la sparse per la stanza. Dal rosso squarcio che era tutto ciò che restava della sua virilità Richard Winthrop osservò il sangue fluire rapido e copioso. Appena prima di perdere i sensi vide le prime fiamme alzarsi dalle tende e dalla libreria d'angolo.

Asenath White uscì rapida dalla villa, mentre l'incendio si diffondeva nelle altre stanze. Guardò la Porsche con un ombra di desiderio, ma scrollando la testa si tolse il pensiero dalla mente. Troppo pericoloso, ora doveva sparire e decidere la prossima città universitaria, dove un altro professore ricco bastardo e scopastudentesse avrebbe alimentato il suo odio e la sua vendetta. Come sempre accadeva pensò a quel porco all'UCLA che l'aveva irretita, violata e costretta all'aborto. Era stato il primo.

Quando una tigre incontra un'altra tigre, in natura, il più delle volte non è la più forte a prevalere, ma la più astuta e crudele.







10 commenti:

  1. wow caspita! mi compiaccio molto ben scritto e descritto... la vicenda è allucinante e particolare.... molto bella e devo ammettere che la fine gli sta bene ( cmq io sono Geraldina Batler! / Monica è il mio vero nome)

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    1. grazie grazie :)
      nasce per un concorso horror erotico questo racconto.

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    2. ahhaa spero terribile nel senso horror del termine ;)

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  2. Raramente ho la pazienza di leggere post lunghi.... ma... che dire, questo me lo son letto in poco tempo e con piacere.
    Complimenti Michele ;)

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    1. grazie davvero, sono contento sia stato un piacere leggermi :)

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  3. bel racconto! complimenti! :-)

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    1. grazie mille :)
      spero troverai il tempo di leggere e apprezzare anche qualche altro racconto...

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