La Rossa
La
pioggia scura, sporca e inquinata cadeva fitta e sottile sul
parabrezza dell'auto. I tergicristalli ormai usurati stridevano nel
loro ritmico, ipnotico incedere lungo il vetro. La fredda luce a led
del lampione sotto cui eravamo parcheggiati illuminava appena
l'interno del nostro abitacolo in quella plumbea notte di settembre.
Carlo,
seduto al volante si era appena macchiato la divisa nera con una
schizzata di maionese dal terzo tramezzino con cui si stava
praticamente ingozzando. Io tornai a guardare, senza vedere, fuori
dal finestrino le gocce che battevano sul freddo vetro contro cui la
mia fronte era appoggiata. Mancavano ancora tre ore alla fine del
turno, tre ore all'alba di un'ennesima nottata senza senso.
Erano
ormai passati 5 mesi e 8 giorni da quando Elisabetta se n'era andata.
Semplicemente ero rientrato a casa ed era sparita, insieme alle sue
cose e anche diverse delle mie. A conti fatti non era stata una così
grande idea portarmela a casa, ma era riuscita a farmi perdere la
testa, e poi aveva un modo di scoparmi assolutamente irresistibile.
Mi ero ritrovato innamorato perso senza accorgermene.
Non
avevo più toccato una donna da allora, probabilmente non ero mai
stato così a lungo senza godere, almeno da quando, ragazzino, avevo
scoperto i primi piaceri della masturbazione.
Il
microauricolare innestato dietro l'orecchio emise la nota pulsazione
prima di una comunicazione dalla centrale, quindi la voce roca del
maresciallo di guardia cancellò le immagini di Eli dalla mia mente.
-
Auto 13, segnalate urla e rumori sospetti al terzo piano in via
Umberto Bossi, civico 138, andate a controllare -
Risposi
io mentre Carlo ingoiava in un solo boccone il resto del tramezzino.
-
Auto 13 ricevuto, intervento in dieci minuti massimo -
Si
pulì le dita sui pantaloni, mi guardò con un'alzata di spalle.
-
Solita lite familiare? -
Chiese
senza aspettarsi una risposta da me, quindi schiacciò il pulsante
rotondo dell'accensione. Il motore elettrico si avviò con un ronzio.
Silenziosamente e con i lampeggianti appena accesi accelerò
lasciando il ciglio della strada. Impiegammo sette minuti.
Entrammo
nel portone salendo rapidi le scale, una coppia di anziani ci
aspettava al secondo piano, con la porta semiaperta. Vedendoci
arrivare la spalancarono.
-
Di sopra. L'appartamento di sopra. Sono ore che sentiamo gridare e
fare rumore, sembra una guerra, chissà che fanno -
Ci
disse la signora sbracciando verso l'alto, il marito si limitò a
annuire vistosamente, con uno sguardo rassegnato.
-
Non si preoccupi signora, ci pensiamo noi, ora rientri in casa e stia
tranquilla -
Le
rispose Carlo sorridendo.
Io
intanto stavo già salendo l'ultima rampa. Giunti in cima ci
avvicinammo alla porta, appoggiai l'orecchio e sentii una voce
femminile che si lamentava ad alta voce. Bussai forte.
-
Carabinieri signora, apra la porta per favore -
I
mugolii e singhiozzi non cessarono ma nessuno si avvicinò. Provai a
bussare e chiamare ancora un paio di volte, a voce alta, senza esito.
Io
e il mio collega ci guardammo. Alzo le spalle, nel suo tipico gesto,
quindi mi fece un cenno verso la porta con il mento. Già, i lavori
pesanti toccavano sempre a me, che senza dubbio ero fisicamente messo
molto meglio di lui. Allentai il bottone della pistola, quindi diedi
un forte calcio alla porta vicino alla serratura. La porta vacillò
ma tenne, altri due colpi e con un piccolo schianto si spalancò.
Entrammo.
L'appartamento
era abbastanza sporco, disordinato. Seguendo i rumori entrammo nella
stanza da letto. Il letto era sfatto, la stanza un vero caos. Per
terra un uomo era disteso supino su un tappeto, gli occhi e la bocca
spalancati, nudo, immobile. Una ragazza era in parte appoggiata su di
lui, anch'essa nuda. Si dimenava urlando e sollecitandolo
violentemente con una mano. Stringeva e sbatteva su e giù
freneticamente il suo pene violaceo e molle gridandogli oscenità e
sfregandosi avanti e indietro contro la sua gamba.
-
DAI DAI SVEGLIATI COGLIONE! SCOPAMI ANCORA DAI FROCIO. FAI ALZARE
QUESTO CAZZO RIDICOLO! -
Ci
guardammo, due parole uscirono contemporaneamente dalle bocche di
entrambi.
-
La Rossa! -
Il
nome scientifico era Sexoacetilpentamina, ma tutti ormai la
chiamavano la Rossa. Non solo per il colore rubino delle pillole, ma
perché uno degli effetti collaterali era un forte arrossamento degli
occhi, la sclera si ricopriva di una fitta ragnatela di vene in
rilievo.
Era
una droga sessuale, o meglio La droga sessuale. L'assunzione
scatenava i sensi oltremisura, facendo perdere ogni inibizione e
spesso il controllo di se, al punto che gli incidenti di ogni genere
erano ormai una costante tra i consumatori. Da quando poi era stata
vietata e resa illegale la sua diffusione era ancora più capillare.
Scattai
verso la ragazza, l'afferrai per le braccia e la sollevai cercando di
staccarla dall'uomo. Carlo invece si avvicinò a lui cercando di
sincerarsi delle sue condizioni.
-
Il battito è debole, ma respira. Centrale! Chiamò subvocalizzando
l'accensione del trasmettitore, occorre al più presto un'ambulanza
con rianimatore. -
Udii
a malapena la risposta perché la ragazza si dimenava e urlava mentre
la allontanavo verso l'altro lato della stanza. Era giovane e molto,
molto carina. Alta, magra, carnagione chiara e fisico atletico. Era
scivolosa, sudata e unta, difficile da tenere ferma. La Rossa pompava
adrenalina in corpo e le forze crescevano come i desideri. Si girò
verso di me e mi guardò, smettendo finalmente di urlare. Fissai
quegli occhi scuri, quasi totalmente arrossati dal sangue pulsante.
Le
reazioni sui soggetti che l'assumevano erano molteplici, in alcune
persone la frenesia sessuale poteva durare ore, persino giorni si
diceva, anche se era probabilmente una leggenda metropolitana.
Specialmente nelle donne l'effetto era inarrestabile, non essendo
naturalmente soggette alle limitazioni di potenza sessuale del corpo
maschile.
Mi
guardò allucinata, inclinando la testa di lato, quindi mi sorrise e
si passò la lingua sulle labbra. Il suo sguardo era quello di chi,
digiuno da giorni si fosse trovato davanti il più grande banchetto
mai visto prima. Avvicinò il viso e mi lecco le labbra, una leccata
lunga, bagnata, lussuriosa. Cercai di allontanarla, sempre tenendola
ferma, lei iniziò a sussurrarmi oscenità dimenandosi e stringendo
la mia gamba destra tra le sue. Sentivo il suo intimo e umido calore
persino attraverso la stoffa del pantaloni.
-
Dai bello scopami! Montami fottimi leccami toccami inculami fammi
tutto! Prendimi come vuoi voglio godere! Dai ancora su!.... -
Era
surreale. Carlo che cercava di rianimare quello che probabilmente era
il suo uomo e che giaceva forse tra la vita e la morte e lei che si
dimenava nella mia stretta continuando a incitarmi a possederla in
ogni modo, e la cosa grave era che mi stavo eccitando. Pur senza
volerlo avevo già il cazzo durissimo nei pantaloni.
L'arrivo
dei paramedici diede a me un attimo di sollievo e a lei un nuovo
bersaglio per le sue di nuovo urlanti profferte erotiche. I due
uomini però non la degnarono di più di uno sguardo, si chinarono
sul ragazzo, applicarono una maschera ad ossigeno e rapidamente lo
adagiarono con l'aiuto del mio compagno sulla barella mobile quindi
lo invitarono a scendere con loro e aiutarli nel trasporto.
Mentre
si allontanavano uno dei due, presumibilmente il più esperto si
rivolse a me.
-
Continui a tenerla ferma, non ci sono medicinali per interrompere
l'effetto della Rossa, ma viste le condizioni di questo qui non
dovrebbe durare ancora molto, quando si calma se vuole la porti pure
al nuovo San Raffaele, avranno bisogno di informazioni. -
Uscirono
tutti, chiudendo al meglio la porta rotta e lasciandomi solo con
l'assatanata, che non aveva smesso un attimo di parlare e incitarmi.
Aveva ricominciato a roteare e spingere la lingua verso di me, e ogni
volta che riusciva a avvicinarsi a sufficienza mi leccava avida la
punta del mento, il collo le labbra e persino gli occhi quando per
mantenere la presa mi costringeva a abbassare.
-
SÌ STRINGIMI! FAMMI MALE BASTARDO MA SCOPAMI. SU DAI FAMMI GODERE! -
Riprese
a strepitare.
La
sua gamba destra restava avvinta alla mia sinistra, e con il
ginocchio e la coscia sinistri strusciava con forza tra le mie gambe.
-
SU DAI CHE NON SEI FROCIO, LO SENTO. HAI IL CAZZO DURO SOTTO QUELLA
DIVISA, TIRALO FUORI CHE TE LO MANGIO. NON HAI MAI PROVATO IN VITA
TUA UNA BOCCA CALDA E AFFAMATA COME LA MIA. -
All'auricolare
arrivò un trillo e la voce del mio collega.
-
C'è una chiamata urgente qui vicino, intervengo io, tu trattieni la
drogata, appena finito torno a prelevarti. Chiudo. -
In
effetti aveva ragione, ero nuovamente eccitato. E chi non lo sarebbe
stato? Nonostante i lineamenti sconvolti dalla Rossa era davvero
bella. Capelli corti, nerissimi, carnagione molto chiara, un nasino
francese che fremeva sopra una bocca rossa, carnosa naturale. Avrebbe
eccitato un santo solo per le parole che diceva e come le
pronunciava. Il seno era decisamente minuto, con due piccoli, eretti,
deliziosi capezzoli rosa e avevo già notato che era totalmente
depilata, e il rosso delle sue grandi labbra spalancate, voraci,
contrastava meravigliosamente con le lunghe sottili, atletiche gambe
pallide.
Quando
per l'ennesima volta la sua lingua si posò sulle mie labbra non mi
ritrassi, istintivamente, senza pensarci troppo aprii la bocca e la
lasciai entrare. Il suo bacio era assolutamente feroce e dolce
insieme. La lingua accarezzava, schiacciava, avvolgeva la mia e il
resto della mia bocca con un appetito primordiale. Sentii una punta
di piccante, di bruciante nel suo bacio. Ricordai di aver letto che
la droga causava appunto una simile sensazione sulle zone più
irrorate di sangue del corpo umano.
Ma
non era spiacevole, anzi. Le lasciai andare i polsi che mi sembrava
di stringere ormai da una vita e l'attirai vicino. Con entrambe le
mani mi impossessai dei suoi glutei sodi, stringendo, accarezzando,
schiacciando, mentre le mie dita scivolavano facilmente tra le sue
gambe, affondando nei suoi umori caldi e gocciolanti di desiderio.
Le
sue mani ora si stringevano a me, ovunque. Tirando mi sollevò la
giacca e strappò quasi via la camicia dai pantaloni, liberandomi
così la schiena al tocco dei suoi caldi palmi. In effetti tutto il
suo corpo sembrava bruciare, probabilmente la droga causava anche un
aumento della temperatura corporea. Poi, sSenza smettere di baciarmi
e succhiarmi la lingua trovò la cintura e i bottoni.
Un
po' tirando un po' strappando riuscì a aprirmi i pantaloni e
abbassarli con un unico gesto forte alle ginocchia, insieme ai boxer.
Le sue due mani, insieme si impadronirono quindi del mio cazzo ormai
durissimo, stringendolo con forza e masturbandolo su e giù. Cercai
di fermarla, continuando così mi avrebbe fatto venire subito. Emise
un mugolio di frustrazione, si divincolò e si staccò dalla mia
bocca e, senza nemmeno guardarmi in viso, si gettò in ginocchio
avvolgendolo tra le labbra.
Leccava,
succhiava, baciava come davvero non ricordavo fosse possibile. La sua
bocca, la sua lingua sembravano ovunque, sentivo il calore, l'umido e
il pizzicore inconsueto della sua saliva che stranamente stimolava
ancora di più la mia eccitazione. Le sue mani correvano su di me
senza requie, stringendo e accarezzando i testicoli, graffiando con
le unghie corte ma forti la mia pelle della schiena, delle gambe e
del sedere e causandomi brividi di dolore e piacere. Infine le sue
dita si impadronirono di me, penetrandomi profondamente e
intensamente, seguendo il ritmo delle labbra.
Non
mi fu possibile resistere molto, venni urlando nella sua bocca calda,
con un intensità che mi fece vacillare, i muscoli delle mie gambe si
irrigidirono e sarei caduto se non mi fossi appoggiato al muro dietro
di me con una mano. Fu un orgasmo lungo, possente. Onde di godimento
che fuoriuscivano da me, insieme al mio seme abbondante e venivano
risucchiate dalle sue labbra che non avevano smesso di muoversi e
succhiare e che bevvero avidamente tutto il mio piacere.
Quando
finalmente si stacco da me mi lasciai scivolare in ginocchio di
fronte a lei. Mi baciò ancora. Sentii di nuovo l'inebriante sapore
della sua lingua ora mescolato al mio. Si girò però subito,
mettendosi a quattro zampe davanti a me, il viso girato indietro,
alla sua destra a guardarmi e incitarmi. Con la mano dietro di se
stringeva e muoveva ora il mio cazzo per eccitarlo nuovamente e il
suo sedere si appoggiava lascivo al mio inguine, strusciandosi.
-
SCOPAMI ORA SCOPAMI! VOGLIO SENTIRLO DENTRO QUEL CAZZONE DURO. SU SU
MONTAMI, FAMMI GODERE, DEVO GODERE. -
Le
sue urla sconce, il suo sguardo i suoi movimenti e forse persino il
bruciante contatto con la sua saliva, la sua pelle i suoi umori mi
ricondussero rapidamente all'eccitazione. Le strinsi i fianchi
sottili e mi spinsi dentro di lei, brutalmente. Mi accolse
interamente senza sforzo, tanto era bagnata ed eccitata. Scivolai
dentro di lei a fondo, durissimo, e iniziai a spingere, ritmicamente,
con forza, quasi sollevandola a volte con l'impeto dei miei colpi.
-
AH! AH! SI' DAI, COSI'... ANCORA ANCORA.. FOTTIMI DI PIU' -
Urlava,
mugolava e ansimava totalmente in balia del desiderio. La sentii
inarcarsi, tremare, vibrare intorno a me scossa da forti orgasmi
continui, eppure continuava a incitarmi. Quando accennavo solo a
rallentare si spingeva indietro e avanti da sola, puntellando sulle
ginocchia e le sue reni sbattevano forti contro il mio inguine a ogni
colpo.
In
un ultima parvenza di lucidità riuscii a trattenermi dal godere
dentro di lei, mi fermai e mi spinsi indietro uscendo infine dalla
sua intimità caldissima e meravigliosamente accogliente. Emise un
mugolio di disapprovazione, e si lasciò cadere a terra su un fianco,
respirando affannosamente. Mi sedetti a terra, il mio sedere nudo
contro le fredde piastrelle nere del pavimento, guardandola. Così
nuda, rannicchiata era davvero incantevole, feroce e indifesa, tigre
e gattino insieme. Pensai che forse finalmente l'effetto della droga
stesse scemando.
Sbagliavo.
Si
rimise sulle ginocchia e si riavvicinò. Il mio cazzo era ancora
duro, rosso, dritto verso il soffitto e scosso da lievi ritmiche
contrazioni incontrollate. Arrivò su di me, lo prese con la mano
sinistra e avvicinò la bocca. Lo avvolse, leccò e succhio forte
diverse volte, io lasciai scivolare a terra anche la schiena a chiusi
gli occhi, ma la sua bocca si staccò quasi subito.
Sentii
i suoi polpacci risalire lungo i miei fianchi e il suo inguine
posizionarsi sul mio. Aiutandosi con le mani appoggiò il suo sedere
sulla mia eccitazione impalandosi da sola.
Era
stretta, la sentii dilatarsi lentamente mentre penetravo a fatica,
poi improvvisamente ero dentro. Si sedette forte su di me con un
urlo, misto di dolore e piacere intanto che il mio cazzo prendeva
pieno possesso del suo culo, poi piano iniziò a muoversi su e giù.
Appoggiai
le mie mani sui suoi fianchi assecondando semplicemente il suo
saliscendi. Poco dopo la sua cavalcata si fece più rapida e ampia,
accompagnata di nuovo da urla e gemiti.
-
SI' SI'. SFONDAMELO. CHE BEL CAZZO DURISSIMO NEL MIO CULO. MI PIACE.
SPACCAMI TUTTA. COSI'. -
Con
le mani mi toccava, palpava, si lecco le mani e me le mise sulla
faccia e in bocca, poi iniziò a accarezzarsi i seni, stringendosi i
capezzoli tra le dita, rigirandoli e tirandoli forte, urlando.
Quindi, quando i suoi movimenti divennero ancora più intensi, la sua
mano destra scese insinuandosi tra le sue gambe e iniziò a
masturbarsi vigorosamente. L'insieme era assolutamente irresistibile,
la cosa più eccitante e coinvolgente avessi mai provato prima. Pochi
secondi dopo eruttai come un geyser nel suo sedere abbandonandomi al
piacere assoluto.
Lei
godette ancora e ancora. Su di me, sulla sua mano, sul mio pene che
stava decrescendo senza uscire, stretto dai suoi muscoli anali.
Infine si abbandonò sul mio petto, sulla giacca stropicciata della
divisa. Restammo immobili, tremanti, i respiri affannati che
all'unisono calavano lentamente di intensità.
Mi
ricondusse nel mondo reale, dopo un tempo che non saprei ancora
quantificare, il trillo del microauricolare.
-
Pronto? Mi senti? Qui è tutto risolto. Un paio di ubriachi che
avevano dato fuoco a un cassonetto. I pompieri hanno spento tutto,
dieci minuti e sono da te. Come va lì? Sei riuscito a calmare la
pazza? -
Lo
sentii ridacchiare sull'ultima frase. Gli risposi a fatica.
-
Tutto ok qui Carlo, fai pure con calma, ti aspetto. -
Cercai
di scostare il corpo ora abbandonato sopra di me, delicatamente.
Spalancò gli occhi, ora decisamente meno arrossati di prima.
L'effetto stava svanendo rapidamente. Vidi un misto di orrore,
piacere e paura nelle sue pupille nere, insieme però ad assoluta
consapevolezza.
Uno
dei pregi della Rossa, si diceva, era che al termine dell'effetto
lasciava totalmente lucidi e soprattutto pienamente consci
dell'accaduto. Ricordi completi e accurati di ogni dettaglio, ogni
sensazione, ogni emozione. La vidi distogliere lo sguardo, tirare su
nervosamente con il naso e accennare a coprirsi con le mani, per poi
rinunciare, evidentemente cosciente della stupidità del gesto, dopo
tutto quello che era successo.
L'aiutai
a rimettersi in piedi, era evidentemente provata. Volevo distogliere
lo sguardo ma ero ancora attratto irrimediabilmente dai suoi occhi,
dalle sue forme ancora eccitanti. Quando capii che sarebbe riuscita a
reggersi in piedi da sola la lasciai. Mi resi conto dell'aspetto
ridicolo che dovevo avere, con indosso la camicia e la giacca della
divisa e i calzoni e mutande ora raggomitolati intorno alle caviglie.
Mi voltai e rivestii in fretta, anche se il risultato fu decisamente
pessimo.
-
Il suo fidanzato è all'ospedale, spero non sia nulla di grave, se
vuole possiamo accompagnarla lì appena si sarà rivestita. -
Le
dissi porgendole il lenzuolo del letto per coprirsi. Rispose con un
filo di voce, balbettando quasi.
-
Non... è il mio fidanzato. Non ricordo nemmeno come si chiama.
L'ho... conosciuto stasera in un locale. Non .. pensavo facesse
quest'effetto. Avevo bevuto troppo, forse. Diceva che era solo per
divertirsi un po'. Ora, vorrei solo andare a casa. -
L'aiutai
a cercare i suoi vestiti, non trovò, o forse nemmeno cercò
l'intimo. Indossò rapidamente uno stretto tubino nero e a fatica si
infilò un paio di décolleté nere con tacco a spillo. In ginocchio
raccolse poi una borsetta sotto al letto. Mi guardò, si girò, e
corse in bagno.
La
sentii vomitare alcune volte, poi udii lo sciacquone, quindi il
rubinetto scorrere per diversi minuti. Nel Frattempo la porta si aprì
lasciando entrare Carlo. Mi guardò, scarmigliato e stropicciato in
piedi in mezzo alla stanza. Inarcò un sopracciglio senza dire nulla.
-
Non è stato facile tenerla finché non le è passata sai. -
Dissi
distogliendo lo sguardo e avvicinandomi a uno specchio sul muro. Mi
aggiustai capelli e colletto e raddrizzai meglio la giacca.
Lei
uscì dal bagno pallida e barcollante, mi avvicinai e la presi
sottobraccio sorreggendola.
-
Non lo conosceva, la portiamo a casa. -
Scese
le scale la facemmo entrare nell'auto e l'accompagnammo. Carlo si
appuntò le sue generalità copiandole dalla patente che lei gli
passò prendendola dalla borsa, quindi l'accompagnai alla porta.
Prima di entrare mi guardò, Gli occhi erano ancora arrossati, e
assolutamente splendidi come e più di prima. Mi porse esitante la
mano, poi scrollò la testa e mi abbracciò. Una stretta rapida,
esitante e si voltò, entrando in casa. Un attimo prima di chiudere
mi parlò un'ultima volta.
-
Grazie. Io... sono Margherita, ma gli amici mi chiamano Meg. -
Chiuse
la porta e tornai all'auto. Aveva smesso di piovere e una pallida
luce stava spuntando dietro gli alti palazzi. Il turno era finito.
Della
primavera inoltrata mi piaceva soprattutto il passaggio alla divisa
estiva. Finalmente si smetteva di sudare ad ogni movimento nella lana
pesante. Arrivato a casa aprii piano la porta, cercando di non fare
troppo rumore. Mi sentì lo stesso.
Corse
verso di me, i piedi nudi schioccavano lievi sul parquet e lei era
come ogni giorno una visione assolutamente fantastica.
-
Bentornato amore mio. -
Mi
abbraccio e baciò appassionatamente. Poi mi guardò curiosa. Non
riuscivo mai nasconderle nulla, aveva subito visto nel mio sguardo
qualcosa di diverso, la sorpresa. Un ampio sorriso le attraversò il
viso facendole brillare gli occhi di pura gioia. Fece piccoli cenni
con il viso, come per incitarmi a parlare.
Tolsi
dalla tasca una piccola scatola e la feci scivolare nella sua mano.
L'aprì come un bambino che scarta il più grosso pacco dell'albero a
natale.
-
Abbiamo fatto un grosso sequestro stanotte, con diversi arresti. -
Le
dissi togliendomi la giacca.
-
Non è stato difficile rubarne un po'. -
Nella
sua piccola mano brillava una manciata di pillole rosse.
-
Ti amo. -
Mi
disse passandosi la lingua sulle labbra. L'abbracciai attento a non
farle cadere, le diedi un bacio sul collo e l'accarezzai con la
lingua lungo il mento.
-
Ti amo anch'io Meg. -
Bellissimo...chapeau...hai un modo di scrivere incantevole.
RispondiEliminama grazie, cerco di lasciar scorrere più che altro la fantasia :)
EliminaE ci riesci proprio bene.
EliminaTroppo bene, ecco...;-)
beh devo ammettere che l'ego dello scribacchino che è in me caprioleggia alquanto a sentirlo ;)
Eliminaquesto racconto nasce per un concorso, ed è stato pubblicato sul volume sexual addiction..
e spero che apprezzerai anche gli altri
Sono quasi in vacanza, parto fra qualche giorno, ma prometto di leggerli tutti...;-)
Eliminabeata, io ferie finite (ben 5 giorni) e tornato oggi al lavoro... buone ferie e buone letture ;)
EliminaLeggevo sul tuo profilo di google+. Io non l'ho mai attivato perché è troppo invasivo. Estrella fa una cosa, nel blog "serio" ne fa altre, su facebook ne faccio altre ancora, sono stata vittima di cyberstalking per svariati anni, e l'idea di essere ancora trovata inseguita in ogni dove non mi affascina particolarmente...;-))
Eliminabeh posso capirlo, per una donna immagino sia ben più problematico essere identificabile. Io ho usato per anni uno pseudonimo online, sempre lo stesso ovunque: Caliban, che era diventato praticamente la mia seconda natura, poi con l'avvento di facebook, con nome, cognome e pagina del negozio, e con la pubblicazione di diversi racconti su libri, con nome e cognome vero, lo pseudonimo è lentamente sparito e ormai almeno nei siti ufficiali e dove ho i miei racconti appaio direttamente, nudo e crudo :)
Eliminaanche perchè finora di donne stalker, assatanate e vogliose di strapazzarmi mica ne ho mai trovate ;)
ahahahahah.......ma esiste questa Rossa?
RispondiEliminano perché se no in disco non bevo più niente...ti immagini cosa succederebbe?
Ricordo anni fa ad Ibiza; in una discoteca mi fu somministrata una droga col drink preso al bar. Ricordo perfettamente gli effetti e una sorta di accentuata sensazione erotico/sessuale.
Racconto carino, meglio di quello precedente un po' stereotipato.
Un consiglio.....stai attento all'otografia......scrivere correttamente dà maggior autorevolezza.
Bacio
eh se esistesse mi sa che un assaggino... anche se ammetto di non averne bisogno per essere sfrenato ;)
Eliminagrazie per l'apprezamento, questo racconto nasce da un tema, appunto la miscela sesso e droga per un concorso letterario, ed è stato poi pubblicato sul volume "sexual addiction"
per l'ortografia.. mannaggia si legge e rilegge un sacco di volte ma qualcosa alla fine sfugge sempre, ma segnala e correggo :)
accidenti...dovrei andarmelo a rileggere..........scrivi comunque bene non ti preoccupare errori ne facciamo tutti....
Eliminasexual addiction? vado a vedere cosè, credo li correggeranno loro.
Scusa ho sbagliato avevo letto Bianca ..la Biblioteca ancora mi manca.
eh lo so, ma mi secca non trovarli in rilettura, infatti ora uso anche cavie volontarie da lettura e ricerca errori :))
Eliminasexual addiction è un volume di mysecretdiary, un sito di racconti erotici che ogni tanto indice concorsi a tema e pubblica su libro i migliori, e di cui io ho curato la sezione "eros in agrodolce" sulla cucina afrodisiaca ;)
ma se proprio devo consigliare uno dei racconti, opterei per gulfora (sempre se apprezzi il fantasy) che è il prologo del romanzo erotic-fantasy che sto cercando di scrivere.
sei davvero bravo
RispondiEliminadavvero grazie :)
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