Gaudeamus igitur
Una selezione dei miei Racconti Erotici... qui trovate il mio blog: http://michelecogni.wordpress.com/
lunedì 23 settembre 2013
Nuovo indirizzo
Ebbene sì, questo luogo di soli racconti ha definitivamente traslocato, un nuovo blog in cui oltre ai racconti mi diletto in frizzi lazzi e pinzillacchere:
Michele Cogni su Wordpress
venerdì 26 aprile 2013
Elisa - Rosse come il Peccato
Elisa
Rosse
come il Peccato
L'ora di chiusura
era arrivata, le sette e trenta praticamente. Il proprietario del
negozio stava iniziando a spegnere le luci, dopo aver salutato le
commesse che uscivano, quando la vide arrivare trafelata ed entrare
quasi di corsa.
<< Mi
dispiace immensamente per l'ora, sono arrivata solo adesso. Posso
ancora provare un paio di scarpe velocissima? O è troppo tardi?>>
Disse la ragazza
affacciandosi dalla porta d'ingresso.
Lui le sorrise.
Era Elisa, un'ottima cliente, oltre che una splendida donna, perdipiù
amante di scarpe con tacco alto e di cose più sofisticate delle
innumerevoli noiose e poco sensuali sneaker che lui vendeva in
maggioranza.
<<Ciao.>>
Le rispose lui.
<<Ma certo,
ci mancherebbe. Vieni, entra che arrivo subito.>>
Finì di abbassare
le luci della vetrina nella configurazione notturna e una delle
serrande esterna e si avvicinò a lei, che intanto era entrata.
<<Eccomi.
Sono tutto tuo.>>
Disse l'uomo con
un sorriso ironico.
<<Cosa avevi
in mente?>>
Lei lo guardò
ridendo.
<<Guarda che
potrei prenderti in parola. La mia mente è una fucina di idee!>>
Rispose lei con un
sorriso stuzzicante e quel lieve accento toscano che a lui era sempre
piaciuto moltissimo.
Entrambi
iniziarono a ridere.
<<Battute a
parte>> Aggiunse lei. <<Volevo provare quelle magnifiche
opentoe rosse con il tacco altissimo che hai in vetrina.>>
<<Ottima
scelta direi, il 38 arriva subito>>
Replicò lui,
ricordandosi il suo numero, cosa che le strappò un altro sorriso, e
andando rapidamente nel retro del negozio a prendere la scatola.
Ritornò subito dopo con la scatola blu di Sergio Rossi in mano,
tolse le scarpe da dentro e le passo alla ragazza, tutto senza
distogliere lo sguardo dal suo.
Lei le prese in
mano, quasi con riverenza. Erano veramente splendide. In vernice
rossa fiammante, con il tacco di 13 centimetri e un alto plateau
anteriore, e solo leggermente aperte in punta. Si sedette sul
divanetto di pelle chiara, mostrando ancora di più le gambe, già
decisamente esposte sotto la corta gonnellina a pieghe nera che
indossava e si sfilò elegantemente le décolleté nere che
indossava.
Lui come sempre
restò turbato dalle sue splendide gambe e dai suoi piedi molto
sensuali, ora inguainati da calze a rete ampia nere, che non
nascondevano lo smalto rosso fuoco, in tinta con quello delle mani.
Il profilo dell'ampia fascia di pizzo delle autoreggenti apparve
provocante mentre lei indossava le due scarpe rosse. Poi lei si alzò
facendo qualche passo in direzione dello specchio.
È davvero
immensamente sexy con quelle scarpe. pensò l'uomo.
L'outfit che
indossava poi, molto serio, con camicia bianca e giacca stretta nera
sopra la gonna corta, faceva risaltare ancora di più il fascino di
quelle scarpe rosse, come se un incendio di sensi iniziasse a
svilupparsi dalle sue estremità in attesa di propagarsi al resto del
suo bellissimo corpo.
<<Ti stanno
davvero bene. Magnificamente direi>> Disse lui, mentre la
ragazza si pavoneggiava un po' davanti al grande specchio a parete.
<<Sì è
vero. Mi piacciono davvero tantissimo.>>
<<Certo
peccato per quella calza a rete nera, che decisamente non è adatta
alla scarpa, senza renderebbero molto di più>> Aggiunse lui,
sorridendo.
Lei si guardò
ancora, con un'espressione un poco imbronciata, mordendosi il labbro
inferiore, come se stesse riflettendo intensamente, forse sulle sue
parole.
<<In effetti
è vero>> Disse togliendosi la scarpa destra e appoggiando sul
pavimento il piede. Quindi in modo estremamente naturale mise le mani
sotto la gonna e abbassò il bordo di pizzo della calza sfilandosela
rapidamente.
Lui deglutì forte
un paio di volte. Quel gesto apparentemente sbarazzino lo eccitò
fortemente. Mentre lei, con la calza che pendeva dalla mano,
rimetteva la scarpa, lui sentì ergersi forte l'eccitazione sotto i
jeans, così repentina e intensa da essere sicuramente evidente allo
sguardo.
<<Così è
davvero molto meglio non trovi?>>
Disse lei,
guardandolo in modo provocante.
<<Sì!
Assolutamente meglio>> Rispose
<<Così è
proprio perfetta, sembrano fatte apposta per te.>>
<<Sì, le
sento magnificamente davvero. Peccato solo per il prezzo esagerato.
Dovresti farmi uno sconto extra per lo strip.>>
Replicò lei
sorridendo ancora e agitando la calza con la mano, in modo insieme
ironico e peccaminoso.
Lui rise.
<<Ah questo
è sicuro. Dieci per cento di sconto per la calza!>>
Rise anche lei.
<<Allora
aggiungiamo l'altra e arriviamo al venti per cento.>>
Disse lanciandogli
la calza che aveva tra le mani. Lui l'afferrò al volo, trattenendosi
a fatica dal portarla sul viso e annusarla. Aveva sempre avuto una
passione per i piedi e le gambe delle donne, e la sola presenza di
quella calza a rete tra le mani lo stava eccitando davvero oltre
misura. I pensieri volavano frenetici, intrecciandosi in infinite
fantasie sempre più perverse.
Intanto Elisa
guardandolo negli occhi si era tolta la scarpa sinistra e si stava
sfilando, molto più lentamente di prima, l'altra calza a rete.
Quando fu tolta se la passo sul viso, ammiccando e ridendo, quindi
gli lanciò anche quella e si rimise la scarpa.
Lui restò in
silenzio a guardarla, con quelle calze in mano, strette tra le dita,
che lievi le accarezzavano immaginandole ancora su quelle magnifiche,
atletiche gambe.
<<Quindi ora
siamo al venti per cento.>>
Disse lei,
avvicinandosi.
<<E così fa
trenta?>>
Chiese, sollevando
interrogativa il sopracciglio destro mentre si sfilava la giacca nera
e la gettava su uno dei divanetti.
Lui comprese che
stavano per perdersi in un gioco che non si sa dove avrebbe portato,
un gioco che però lo stava intrigando oltre misura.
<<Certamente.
Ora siamo a trenta.>>
Rispose lui
sorridendo, e questa volta stringendo le calze nel pungo e passandole
davvero ostentatamente sul viso.
Vuole giocare?
Pensò lui. E allora giochiamo!
<<Offri di
più?>> Aggiunse guardandola con aria di sfida.
Lei rimase
immobile alcuni secondi, pensierosa. Valutando la situazione. Fino a
quel momento era stato un gioco, scherzoso, poteva terminare lì la
cosa, comprare le scarpe e tornare a casa, oppure...
Oppure
posso scoprire fino a dove possiamo arrivare con questo gioco.
Pensò lei.
In fondo
quell'uomo le piaceva, era simpatico, intrigante, e aveva saputo
anche alcune cose piccanti sul suo conto che l'incuriosivano.
Senza dire nulla
lei iniziò quindi a aprire lentamente, molto lentamente i perlacei
bottoni della camicia bianca. Poco a poco apparve un reggiseno blu
intenso, semitrasparente, che le fasciava il seno in modo delizioso
lasciando appena intravedere i piccoli rosei capezzoli. Terminati i
bottoni, aprì ostentatamente le braccia verso il basso e lasciò che
la camicia scivolasse a terra. Sorridendogli con aria di sfida.
<<Che
magnifico spettacolo!>>
Disse l'uomo.
<<Ora siamo
a quaranta.>>
E attese, sempre
guardandola e accarezzando le calze tra le dita in modo provocante.
<<No.
Cinquanta!>>
Replicò lei
mentre con gesto rapido abbassava la zip laterale della gonna, che
cadde ai suoi piedi, intorno alle scarpe rosse, oggetto principale
del gioco.
Che paradisiaca
visione! Pensò lui.
Lei fece un passo
avanti, lasciando dietro di se la gonna e restò in piedi di fronte
all'uomo. Ora oltre alle scarpe aveva solamente il reggiseno e delle
bellissime culotte, sempre blu, che le fasciavano i fianchi e il
sedere in modo decisamente accattivante.
Lui si morse il
labbro per riuscire a trattenersi dall'allungare le mani e sfiorare
la sua pelle chiara. Poteva percepirne il calore, il profumo. La
voglia di accarezzarla, baciarla, assaporarla era ormai
irresistibile.
Riuscì però a
sorriderle e sfidarla ancora.
<<Cinquanta
è un ottimo risultato direi. Abbandoni?>>
Lei avvicinò il
viso al suo, molto vicino. Sentì il profumo del suo rossetto, del
suo collo mentre si avvicinava con le labbra all'orecchio e gli
sussurrava piano.
<<Io non
abbandono mai. E vinco sempre. Sappilo.>>
Quindi passò le
mani dietro la schiena e in un lampo il reggiseno cadde in avanti.
Lui istintivamente aprì la mano afferrandolo prima che cadesse e lo
sollevò, mostrandolo come un piccolo trofeo.
<<Sei a
sessanta ora.>>
Le disse con uno
sguardo di impazienza, come a esortarla a mettere in pratica la sua
ultima affermazione.
Lei si voltò,
facendo qualche passo verso lo specchio, donandogli la magnifica
visione del suo sedere che oscillava, stretto nelle culotte. Poi
sempre girata di schiena portò le mani ai lati dell'intimo e mise le
dita sotto l'elastico tirandolo un poco verso l'esterno. Lentamente,
molto lentamente le abbassò verso le ginocchia, piegandosi
leggermente in avanti e offrendogli una paradisiaca visione che turbò
oltremodo i suoi già più che lussuriosi pensieri. Infine anche le
culotte caddero tra le scarpe che lei scavalcò girandosi e tornando
verso di lui.
Ora indossava solo
le scarpe rosse. La visione di quella nudità sensuale e provocante
gli faceva bollire il sangue. Non riuscì a non guardare a lungo tra
le sue gambe, quella totalmente liscia porzione di pelle che lasciava
intravedere uno splendido rosato tra le labbra intime e preannunciava
infiniti piaceri. Avrebbe solo voluto gettarsi tra quelle gambe per
baciare, leccare, gustare, succhiare e stringere senza smettere più.
Lei lo guardava
con aria di vittoria, con una naturalezza e sfrontatezza provocante.
In fondo era poco più di una sconosciuta, e ora completamente nuda
davanti a lui vestito. La situazione era decisamente inusuale e
estremamente eccitante.
<<Ok. Hai
vinto.>>
Disse l'uomo, così
irresistibilmente attratto da quella assoluta nudità, così vicina,
così sfrontata.
<<E adesso
cosa devo fare?>>
Aggiunse lui.
<<Ora devi
pagare pegno.>>
Rispose lei,
avvicinandosi ancora di più. Gli prese le calze e il reggiseno dalle
mani. Lasciò cadere a terra il reggiseno senza curarsene e si portò
dietro di lui, accarezzandogli distrattamente la spalla sinistra. Poi
gli fece scivolare le dita sottili e forti lungo le braccia
portandogli le mani dietro la schiena, quindi gli unì i polsi
legandoli stretti con le due calze a rete intrecciate.
Tornò davanti,
guardandolo negli occhi. Lo sguardo dell'uomo era stupito, curioso e
forse un poco spiazzato. Senza dire nulla gli appoggiò le mani sulle
spalle e lo spinse verso il basso. Si lasciò spingere in ginocchio
senza opporre resistenza e lei si avvicinò ancora.
Ora, anche grazie
ai tacchi a spillo, il suo glabro invitante intimo era praticamente
contro il suo viso. Sentì l'odore del suo desiderio e avvicinò
istintivamente la bocca mentre lei apriva di più le gambe,
offrendogli la vista dell'eccitazione che imperlava le sue intime
labbra. La bocca di lui si aprì e la lingua assetata le penetrò tra
le gambe, provocandole un forte brivido di eccitazione e un gemito
animalesco di piacere.
La lingua poco a
poco affondò sempre di più, mentre le labbra stringevano e
succhiavano stuzzicando intensamente il clitoride rosso, duro e
eccitato. Le mani di Elisa si posarono sulla sua testa stringendo e
premendo, spingendolo ad affondare ancora di più la bocca e la
lingua, a leccarla più forte, sempre più profondamente e
ritmicamente. Lei poco a poco sentì l'orgasmo avvicinarsi, ma non
voleva ancora godere, era troppo presto, voleva assaporare di più
quella situazione, quindi si staccò e si girò, dandogli le spalle.
Piegando il busto verso il basso poi arretrò nuovamente porgendogli
il suo splendido culo e spingendolo sulla sua bocca.
Affondò ancora la
lingua, questa volta dietro, leccandole a fondo il culo e scendendo
poi lungo il perineo, strappandole altri gemiti di piacere e lambendo
su e giù in ogni punto sensibile.
Se è bravo con
il resto come con la bocca, sarà davvero una serata indimenticabile.
Si disse lei,
mentre quella lingua famelica non smetteva un attimo di solleticarla
e eccitarla, finché si abbandonò a un lungo intenso e profondo
orgasmo.
Ripresasi dai
tremiti del piacere decise di non dargli tempo di pensare troppo. Lui
stava ancora assaporando sulla lingua e tra le labbra il dolce sapore
del suo godimento, quando una di quelle lucenti scarpe rosse si
appoggiò sul suo petto, spingendolo brutalmente a terra con la
schiena, disteso supino.
Iniziò a
camminargli intorno. Il ticchettio dei tacchi risuonava nel silenzio,
vederla così da terra nuda e incombente, rese la sua eccitazione
quasi parossistica. Se non avesse avuto le mani bloccate dietro la
schiena dalle calze avrebbe dovuto assolutamente toccarsi, premere
sull'erezione che gli toglieva il fiato.
Quasi gli avesse
letto nella mente fu lei a farlo, posando una delle scarpe sui suoi
jeans, proprio sopra l'evidente rigonfiamento. Prima accarezzò piano
girando intorno con la punta e il tacco, costringendolo a mordersi le
labbra per non gemere, infime appoggiò la suola dall'alto plateau e
spinse più forte, sentendo la durezza, la voglia, prepotente sotto
il suo piede.
Quando la spinta
si fece intensa lui cedette, mugolando di piacere e di desiderio
mentre la pressione aumentava, abilmente modulata da quella lunga
sinuosa gamba, che giocando così apriva ancora e ancora alla vista
quella fonte inesauribile di dolce piacere che lui aveva appena
gustato.
Ma anche
l'eccitazione di Elisa tornava sempre più. Quel gioco, quella
situazione la eccitava oltre misura. Sentiva il desiderio che le
contraeva i muscoli vaginali, sentiva la voglia bagnarle l'interno
delle cosce. Premette ancora, soddisfatta della durezza e resistenza
che incontrava la scarpa, infine, vinta dalla bramosia, dopo aver
prolungato quella dolce sofferenza oltre il possibile si inginocchio
al lati del suo corpo. Rapida slaccio la sua cintura, sbottonò i
pantaloni e con un unico violento gesto tirò verso i piedi insieme
boxer e jeans, liberando il suo pene eretto che balzò verso l'alto,
tremando in sussulti incontrollati. Senza nemmeno sfilargli
completamente i vestiti avanzò sulle ginocchia ai lati dei fianchi
dell'uomo, gli afferrò il membro durissimo con la mano, stringendolo
tra le dita con un intimo gesto di possesso, facendolo inarcare di
piacere e gemere di desiderio, quindi rapida scese con il bacino su
di lui.
Il duro maschile
incontrò perfettamente il morbido, umido femminile e scomparve
rapido in lei, mentre entrambi emisero un gemito di voluttà,
all'unisono. Rimase un poco ferma, godendosi quella calda pulsante
rigidità dentro, che la riempiva e stimolava così magnificamente,
poi lentamente, molto lentamente cominciò a montarlo.
Lui, con le mani
ancora bloccate dietro la schiena e le caviglie serrate
dall'intreccio di jeans e boxer poteva solo assecondare i suoi
movimenti inarcando il bacino mentre quella splendida amazzone saliva
e scendeva lussuriosamente sul suo pene voglioso. Lei lo fissava, con
uno sguardo insieme di passione e voluttà, nei suoi occhi rilucevano
pensieri osceni e voglie sfrenate. Intanto si accarezzava da sola i
seni, stringendo i piccoli rosei capezzoli eretti, duri e vibranti
tra le dita.
Elisa venne al
culmine della cavalcata, abbassandosi su di lui, baciandolo
profondamente e con foga e mordendogli le labbra. Ma sentiva il suo
membro ancora duro e forte dentro, che ritmicamente si irrigidiva
solleticandola e stuzzicandola ancora. Senza dubbio lui era prossimo
ad un fin troppo trattenuto orgasmo.
Si voltò,
sedendosi sul suo viso, e, mentre la lingua famelica dell'uomo
tornava in azione penetrante e lubrica tra le sue gambe, si prese
qualche minuto per osservarlo. In effetti l'aveva scopato e stretto
appena tra le dita, ma non l'aveva ancora quasi guardato. Si gustò
quel tendersi frenetico, istintivo verso di lei, verso il suo viso
che si era avvicinato a lui così tanto da sentirne l'odore. Odore di
desiderio maschile, mescolato a quello del suo intenso orgasmo. Lo
strinse ancora tra le dita, godendosi insieme le sensazioni sublimi
che la lingua esperta dell'uomo le donava frugandola così
profondamente e il caldo irrefrenabile desiderio che le palpitava
nella mano.
La lussuria prese
il sopravvento e passò la sua rossa tenera lingua su quell'asta
pulsante. Lo sentì gemere contro la sua vagina fradicia, mugolare di
piacere dentro di lei quando lo accolse tra le labbra, leccando,
succhiando e ogni tanto stringendo appena con i denti, come adorava
fare per miscelare così tremendamente piacere e dolore fino a
fonderli insieme.
Lo condusse più
volte a un passo dall'orgasmo, per poi fermarsi e lasciarlo mugolare
di desiderio frustrato. Adorava quel tipo di sensazione, il divino
potere di dispensare o meno piacere. Intanto, mentre riprendeva a
stuzzicarlo con lingua e bocca, la sua piccola mano si era
intrufolata più giù, solleticando e stimolando i testicoli e poi
lasciando scivolare le dita lungo il perineo e fino al suo culo.
Senza smettere di leccare e succhiare molto lentamente, così da non
consentirgli di godere, introdusse il medio dentro di lui, prima
giocando leggera sull'orlo, poi spingendosi sempre più a fondo,
facendo salire i sospiri di piacere e la velocità della lingua che
la penetrava. Godette così ancora, una terza volta nella sua bocca,
mentre le dita dentro di lui erano diventate ora due. Sentì di nuovo
dalle vibrazione del pene che l'orgasmo era imminente, così si fermò
nuovamente, togliendo anche la mano.
Si sollevò dal
corpo dell'uomo, spostandosi ai suoi piedi e sfilandogli
completamente i pantaloni e boxer che erano ancora stretti intorno
alle sue caviglie, quindi, tenendolo per i polpacci, si distese con
le gambe sopra le sue e iniziò a sfiorargli il membro con le scarpe.
Lo accarezzava con la punta, con l'interno e lo stringeva tra le due
scarpe, muovendosi su e giù lentamente. Una lunga irresistibile
tortura per l'uomo che, sollevata la testa, osservava la scena
eccitato. Le gambe di lei aperte, spalancate. Le scarpe rosse
fiammanti che le inguainavano così magnificamente i piedi strette
intorno alla sua erezione e il volto peccaminoso, voglioso e eccitato
di lei per il gioco che proseguiva sempre più.
Ad un certo punto,
senza smettere di far scivolare su di lui la scarpa sinistra, spostò
la destra più sotto, spingendo poco a poco il sottile lungo tacco di
vernice tra le gambe, seguendo la strada aperta poco prima dalle sue
dita viziose. Mentre il tacco lo penetrava strappandogli gemiti di
piacere e stupore lei sfilò il piede sinistro dalla scarpa,
lasciandola cadere a terra di lato e cominciò a stringergli il pene
tra le dita. Si mosse così su e giù sempre più velocemente,
strappandogli un grido di desiderio, finché quell'orgasmo tanto
desiderato e frustrato esplose in una cascata di piacere che ricadde
sul piede nudo di lei e sulla scarpa, coprendo la vernice rossa di
grandi gocce bianche.
Si abbandonarono
quindi a terra. Rilassandosi nel piacere e nella consapevolezza dei
momenti appena goduti. Fu lei la prima a parlare.
<<Ma che
porco. Guarda che hai fatto. Hai sporcato la mia scarpa nuova!>>
Disse ridendo e
passando un dito sulla vernice, raccogliendo diverse gocce e
portandoselo poi alle labbra. Si succhio il dito voluttuosamente
emettendo un suono compiaciuto.
<<Già. È
terribile.>>
Replicò lui
sollevando a fatica la schiena da terra e mettendosi seduto.
<<Dovrò
aggiungere un altro trenta per cento di sconto per farmi perdonare.>>
Aggiunse
strizzandole l'occhio e sorridendo, mentre sforzando un poco spalle e
braccia allentò la presa delle calze a rete e liberò le mani,
raccogliendo poi la scarpa sinistra da terra, porgendogliela.
Risero entrambi.
<<La
prossima volta dovrò legarti meglio mi sa.>>
Gli disse
rimettendosi la scarpa sinistra e avvicinandosi per baciarlo.
<<Quindi
avresti potuto liberarti in qualsiasi momento?>>
Chiese ridendo
quando staccò la bocca dalla sua.
<<No!>>
Replicò lui.
<<Solo
quando faceva ridere!>>
lunedì 4 febbraio 2013
AUTOSTOPPISTA
Autostoppista
Marco sfrecciava
lungo la litoranea. Certo si trattava di una strada molto più lunga
e tortuosa rispetto alla nuova tangenziale interna, ma proprio per
quello la preferiva, soprattutto in questo periodo dell'anno.
L'inverno si stava avvicinando e quindi la zona era pressoché
deserta, tranne la domenica, quindi poteva divertirsi con la sua auto
sportiva.
Le continue curve,
salite e discese, unite allo splendido panorama facevano di quella
strada un luogo perfetto dove divertirsi per chi amava guidare, e
insieme pensare in libertà. Ora era giunto ai due tornanti in
discesa che conducevano al lungo rettilineo della spiaggia di cala
nascosta, così come la chiamavano da sempre gli abitanti del luogo,
per via delle numerose spiaggette oltre quella principale, celate
dietro i picchi di rocce aguzze che costellavano la costa.
In primavera e
soprattutto estate era uno dei luoghi più affollati della zona, ma
ora il lungo fiume di sabbia chiara era splendidamente liscio e
deserto. Con uno stridio delle gomme il coupè nero affrontò le due
strette impervie curve, quindi accelerò percorrendo il lungo
rettilineo. Si stupì nel vedere, ancora lontano, sul lato della
strada una persona, che faceva segni con una mano. Rallentò così
fino a fermarsi.
Si trattava di una
ragazza, giovane avrebbe detto. Forse una ventina d'anni. Era
abbastanza carina, capelli neri corti, a caschetto, pelle molto
chiara. Indossava jeans, all star e una maglietta rossa. In effetti
un poco troppo leggera per il clima della giornata, sebbene
splendesse un bel sole. Abbassò il finestrino:
< Ciao> Le
disse. <Hai bisogno di aiuto?>
<Ciao. Sì
grazie. Mi servirebbe un passaggio fino in città> Rispose la
ragazza.
Marco non ci pensò
molto. Sbloccò le portiere e la invitò a salire.
La giovane salì,
si sedette al suo fianco, sul sedile in pelle grigio scuro e gli
sorrise. Un sorriso però che Marco trovò leggermente tetro,
stirato. Stupidamente gli ricordò il sorriso della Gioconda, al
Louvre. Scosse la testa e partì rombando.
La ragazza lo
guardava, silenziosa.
<Io sono Marco>
Disse. >Ma che ci facevo tutta sola qui?>
<Greta>
Disse lei. <Ero con un ragazzo, ma abbiamo litigato e così me ne
sono andata e l'ho mollato>.
<Capito>
Disse lui sorridendo. <Capita sai. Però devi stare attenta, una
ragazza giovane e carina come te, è pericoloso accettare un
passaggio da uno sconosciuto. Potrei essere un criminale, o peggio un
maniaco> Sorrise e le fece l'occhiolino all'ultima frase.
<Un maniaco? E
se lo fossi che mi faresti? Mi costringeresti a fare sesso? E poi? Mi
uccideresti?> Lei replicò, con una strana espressione negli
occhi.
<Se fossi un
maniaco è probabile, ma tranquilla, non sono un maniaco> Disse
Marco, il cui sguardo era però ora attratto inequivocabilmente dai
capezzoli eretti di lei, che si vedevano perfettamente sotto la
maglietta. Evidentemente era senza reggiseno.
Lei notò lo
sguardo e sorrise ancora: <Un po' maniaco però lo sembri, visto
come mi guardi ora. Chissà che pensieri stanno attraversando la tua
mente>
<Beh, è
naturale> Rispose lui. <In fondo sono un uomo, sarebbe anormale
non fare certi pensieri con seduta accanto una splendida ragazza come
te, ma tranquilla, non farei mai nulla che non volessi anche tu> E
le fece nuovamente l'occhiolino.
<Ah! Quindi se
io volessi vendicarmi di quel bastardo andrebbe bene per te> Gli
disse avvicinandosi un poco a lui sul sedile, e posando una mano
sulla sua gamba.
Marco pensò si
riferisse al ragazzo con cui aveva litigato. Se voleva vendicarsi di
quel pirla che l'aveva lasciata sola sulla spiaggia non si sarebbe
certo tirato indietro. Le sorrise e disse:
<Per me
andrebbe molto bene, puoi fare tutto ciò che vuoi>
Lei allungò
ulteriormente la mano sui jeans di lui. Lo trovò già in parte
eccitato, quando strinse tra le gambe. Si abbassò sulle sue gambe,
portando entrambe le mani sul suo inguine e iniziò lentamente ad
abbassare la sua cerniera.
<Aspetta che
mi fermo in uno spiazzo> Disse marco, il cui pene si stava ergendo
già prepotentemente, schiacciato sotto i boxer neri.
<No! Non
fermarti!> Replicò lei a voce alta. <Non smettere, guida. La
velocità mi eccita. Forte. Vai più forte!>
Lui accelerò
mentre la mano piccola di lei giungeva ad abbassare l'elastico dei
boxer e afferrare e stringere la sua eccitazione. Un brivido di
desiderio lo attraversò, mentre iniziava ad affrontare le curve che,
in salita, riportavano la strada in alto, sulla scogliera.
Lei lo accarezzò
un poco, su e giù con la mano, lentamente, stringendo e stuzzicando.
Quindi abbassò ancora la testa sotto le sue braccia che manovravano
il volante e lo prese tra le labbra. A Marco sfuggì un lungo gemito
quando la lingua di lei lo avvolse, quando sentì leggeri i suoi
piccoli denti bianchi stuzzicare la pelle sensibile dell'asta e le
sue labbra stringersi e avvolgerlo in un lungo bacio profondo.
Era brava, pensò
lui. Molto brava. La bocca saliva e scendeva lungo il suo cazzo
durissimo, enormemente eccitato. Succhiava, leccava stringeva e
solleticava. La mano restava ferma, solo stretta alla base per
mantenerlo nella giusta posizione, mentre le labbra umide e la lingua
frenetica facevano tutto il lavoro. Il respiro dell'uomo era sempre
più affannato e faticava a mantenere la concentrazione sulla strada.
La sua mente ora era preda di erotiche immagini, pensava di
spogliarla, strapparle via jeans e mutandine. Immaginava come potesse
essere nuda. Il sapore e l'aspetto della sua rosea intimità.
Desiderava possederla, fotterla profondamente in ogni posizione.
Sodomizzarla e farla urlare di voglia e piacere.
Un'altra parte
della sua mente aveva già deciso di portarla a casa. Desiderava un
letto, il suo letto e sopra quella ragazza nuda e aperta, tutta per
lui. Intanto quella bocca vorace lo stava conducendo all'orgasmo,
sentiva il piacere che saliva, che cresceva in lui inesorabile.
Affrontò le ultime curve. Per fortuna ora c'era il rettilineo del
ponte. Avrebbe potuto godere senza preoccuparsi troppo della guida.
<Sì, così.
Adesso, continua così che sto venendo!< Le disse con voce roca
mentre l'auto imboccava veloce, accelerando, l'alto ponte sul fiume.
Improvvisamente
lei lo morse. I suoi denti strinsero forte, con rabbia. Sempre più
forte. Marco urlò mentre la mano destra di lei, lasciata la base del
pene afferrava il volante tirandolo giù, verso di sé. Con uno
schianto fortissimo il coupè, lanciato ad alta velocità, urtò il
parapetto in pietra del ponte sbriciolandolo, quindi con un lungo
volo finì nel fiume sottostante. Un forte tonfo e le scure acque
limacciose si chiusero sull'auto.
Il tenente Gironi,
del corpo dei carabinieri, stava osservando i pompieri che, tramite
un argano sollevavano dalle acque i resti della Porsche nera. Il
nuovo giovane appuntato, Federici si avvicinò, facendogli il saluto.
<Signor
Tenente, i sommozzatori hanno recuperato il corpo dell'uomo alla
guida. Abbiamo le sue generalità, stiamo provvedendo ad avvisare i
genitori. Era solo, nessun altro nella macchina>
<Sicuri fosse
solo?> Rispose l'ufficiale.
<Sicuri
signore, i sommozzatori hanno detto che entrambe le portiere erano
ancora chiuse e sigillate. Hanno dovuto rompere un vetro per aprirle>
<Bene Federici,
ottimo lavoro> Lo così congedò il tenente.
<Signore, posso
farle una domanda?> Replicò il giovane carabiniere.
L'ufficiale
acconsentì con un cenno della testa e un sorriso.
<uno dei
sommozzatori del corpo diceva che questo ponte è maledetto, a cosa
si riferiva?>
Il tenente scosse
la testa.
<Vero, tu sei
nuovo di qui. Questa è la terza auto con un uomo solo a bordo che
finisce nel fiume negli ultimi sedici mesi. Inspiegabile. E poi c'è
la storiaccia di quella ragazza, stuprata e gettata nel fiume,
proprio qui, quasi due anni fa. Mai trovato il colpevole. Si chiamava
Greta mi pare>
sabato 17 novembre 2012
La Tigre
La
Tigre
Lo squillo della
campanella lo interruppe.
- Continueremo la
prossima volta ragazzi.
Disse
raccogliendo libri e fogli sparsi sull'ampia cattedra in legno
massiccio, mentre dall'aula molti studenti iniziavano ad alzarsi.
- Ricordate,
eentro venerdì voglio la relazione sui punti di convergenza tragica
tra Shakespeare e De Sade e il ruolo della donna in relazione al loro
pensiero.
Sorrise sentendo
il mormorio infastidito di diversi studenti, soprattutto il piccolo
gruppo in alto a destra. Quei giocatori della squadra di football
avevano scelto il suo corso pensando che, essendo stato in passato un
abile quarterback, avrebbe avuto un occhio di riguardo. Non avrebbero
potuto sbagliare di più.
“Teste di
legno” Pensò. “Nemmeno in grado di leggere fluentemente
Skakespeare, altro che comprenderne le sfumature”.
Una studentessa,
Jennifer Logan, si avvicinò ancheggiando in una minigonna che nulla
lasciava all'immaginazione. Si fermò davanti a lui, più vicina di
quanto l'etichetta o il buon senso potessero consigliare e gli parlò
con la bocca talmente vicina che, non solo sentì il profumo della
gomma alla menta, ma anche un sentore di cioccolato, probabile
ripieno delle ciambelle della sua colazione.
- Professore,
ricorda? Aveva promesso di mostrarmi le sue copie antiche di Amleto e
Otello? Io nel pomeriggio sarei libera.
“Sì, libera
di farti sbattere per ore sul mio divano immagino. Puttanella”
Pensò, ma
sorridendo rispose:
- Mi dispiace,
oggi non è possibile, ho un appuntamento irrinunciabile, ma venerdì
sera sarò libero. Ti aspetto alle sette.
“E così
vedremo se sei apparenza o se sotto quella gonna c'è davvero del
fuoco che arde”
Disse tra sé,
allontanandosi.
Richard Winthrop, professore emerito, lasciò l'imponente edificio
della facoltà di letteratura della Miskatonic University per
dirigersi al parcheggio del campus, da dove, tra gli sguardi curiosi
e ammirati degli di studenti in giro, uscì rombando sulla sua
Porsche blu.
lunedì 29 ottobre 2012
Sete Perversa
SETE
PERVERSA
Lievi , profondi
ansiti risuonano ritmici nel silenzio della stanza, seguendo in
perfetta armonia il tempo lento e sinuoso del movimento sussultorio
del suo corpo sopra il mio.
Ho sempre amato
questa posizione, è l'unica che mi consente di mantenere una
sufficiente lucidità mentale da dedicarmi all'osservazione, che mi
consente di miscelare al piacere della penetrazione quello puramente
mentale dello svelare, valutare e godere dei movimenti, della totale
libertà della donna nell'atto.
E' veramente
meraviglioso guardare così il suo corpo, che si inarca ad ogni
sussulto, i suoi occhi che si chiudono mentre lei si perde
nell'estasi, inoltrandosi in un mondo personale fatto di solo
piacere, soli stimoli sensoriali ed elettricità pura, le sue labbra
che trattengono a fatica il lamento, i muscoli delle cosce che si
irrigidiscono in armonia con quelli vaginali stringendomi
contemporaneamente inguine e corpo, come una doppia matrioska umana.
La sento ora
avvicinarsi sempre di più al culmine mentre osservo la sua vena del
collo pulsare, la mia mente si sintonizza quasi con lo scorrere
impetuoso del suo sangue e così i miei pensieri tornano torbidi e
perversi.
lunedì 15 ottobre 2012
Microracconti in 10 righe
Piccoli
esercizi di scrittura dalla pagina “Microracconti segreti” di
facebook, racconti che devono restare entro le 10 righe di lunghezza,
spesso con un tema predefinito
Tema
“l'ultimo valzer”
Vienna 1836
La contessina
volteggiava leggiadra tra le mie forti braccia. Il suo abito rosa di
raso e chiffon era lieve come seta e la mia mano destra,
peccaminosamente e molto poco cavallerescamente le sfiorava il
morbido sedere, celato sotto quella massa di stoffa. Nella mia
uniforme di gala splendevo letteralmente sotto le luci del salone.
“Capitano, mi state facendo davvero volare”. Mi disse con un
sorriso malizioso. “Se mi concedeste almeno un bacio, dopo
quest'ultimo Valzer saprei condurvi ancora più in alto”. Mi sfiorò
appena il collo con le labbra, quindi terminata la musica fuggì da
me, ancora una volta. Uscii dal palazzo. Le stelle autunnali
sembravano ridere della mia solitaria eccitazione.
Mormorai tra me: 'Computer, termina il programma Vienna 1836 e ricarica Bordello Spaziale di Antares Quarto'
Mormorai tra me: 'Computer, termina il programma Vienna 1836 e ricarica Bordello Spaziale di Antares Quarto'
L'ultimo sarà mio
“Allora, hai
letto il nuovo tema dei micro?”
“Certo, ho un'idea geniale, ascolta: Lei attende, bellissima e affascinata dalla situazione. Noi siamo in quattro a disputarci l'ultimo, il più ricercato, irrinunciabile. Così ci battiamo per averlo, sfoderiamo le spade e il duello incalza. Finto, rinterzo, schivo, affondo e al fin della licenza io tocco! Così uno dopo l'altro li sconfiggo tutti e, assoluto vincitore, mi avvicino a lei.”
“Bello, mi piace, e dopo che accade?”
“Con fare sprezzante e sorriso vincente lo prendo con presa ferma dalle sue dita e lo divoro in un sol boccone, assaporando quel gusto irripetibile di crema al cioccolato e friabile sfoglia!”
“Il tema era l'ultimo valzer, non l'ultimo wafer! Pirla!”
“Certo, ho un'idea geniale, ascolta: Lei attende, bellissima e affascinata dalla situazione. Noi siamo in quattro a disputarci l'ultimo, il più ricercato, irrinunciabile. Così ci battiamo per averlo, sfoderiamo le spade e il duello incalza. Finto, rinterzo, schivo, affondo e al fin della licenza io tocco! Così uno dopo l'altro li sconfiggo tutti e, assoluto vincitore, mi avvicino a lei.”
“Bello, mi piace, e dopo che accade?”
“Con fare sprezzante e sorriso vincente lo prendo con presa ferma dalle sue dita e lo divoro in un sol boccone, assaporando quel gusto irripetibile di crema al cioccolato e friabile sfoglia!”
“Il tema era l'ultimo valzer, non l'ultimo wafer! Pirla!”
mercoledì 10 ottobre 2012
ARTURO
Passare attraverso l'opaca, lucente barriera di energia fece vibrare la placca di fibracciaio celata sotto la mia spalla destra, ricordandomi per un fugace momento, come sempre succedeva, gli orrori della battaglia alle porte di Tannhauser.
Quindi dalla silenziosa, bianca asetticità del corridoio verde 17, della base spaziale Spazio Profondo 9, mi ritrovai nel caotico, rilucente, speziato, fumoso coacervo di umanità e alienità della Cantina di Mos. Come d'abitudine feci un solo passo in avanti, quindi mi fermai. Con un rapido ma profondo sguardo percorsi l'intero locale, valutando in pochi istanti tutti i presenti e catalogandoli mentalmente per grado di potenziale minaccia. Infine mi avviai lentamente, attraverso i numerosi e curiosi tavolini intagliati da singoli blocchi di cristalli di quarzo colorati di Altair Quarto, verso il bancone principale.
Quello che ai più sarebbe parso un tragitto casuale, era invece stato scelto con cura per poter passare alla giusta distanza ed osservare meglio quelle tre creature, tra le numerose del locale, che al primo sguardo potevano rappresentare un eventuale pericolo. Non ero sopravvissuto per trent'anni come cacciatore di taglie Pangalattico senza rendere istintivo lo studio costante di ogni luogo in cui mi trovavo.
lunedì 17 settembre 2012
Nuda
e Cruda
L'acqua
nella pentola bolle, scaldando il polsonetto di rame a bagnomaria.
Con la frusta a mano sbatto rapido, in modo rotatorio i tuorli con lo
zucchero, montando piano lo zabaione al moscato, il cui profumo si
diffonde caldo e stuzzicante per la cucina. Tu sei seduta sull'alto
sgabello in legno dello stretto tavolo a penisola, prolungamento a L
dei fuochi che troneggiano al centro della stanza, così possiamo
guardarci e chiacchierare mentre cucino per te. Come sempre sei
completamente nuda. Ormai è più di un anno che ci gustiamo così le
nostre cene, il nostro gioco complice.
Iniziò
con una sfida. Era da parecchio che la nostra amicizia virtuale
impegnava piacevolmente il nostro tempo e avevamo scoperto molto
delle reciproche passioni, affinità e piaceri, tra cui la cucina.
Avevo rimarcato più volte la mia abilità ai fornelli, così fu
quasi scontato che un giorno mi chiedessi di invitarti a cena. In
fondo era da tempo che avevamo deciso finalmente di incontrarci. Ciò
che mi aveva spesso frenato era la consapevolezza che tu fossi più
giovane e, come sapevo, molto bella, forse troppo. Inoltre mi avevi
raccontato spesso del tuo approccio libero alla sessualità e di come
il più delle volte preferissi non rivedere gli uomini con cui
condividevi il piacere.
- Ma se
io cucino per te, tu cosa farai per me? -
Ti
dissi quando l'appuntamento per la nostra prima cena da me era ormai
fissato. Conoscevo il tuo amore per il gioco e sapevo che avresti
colto la mia sfida.
- Tu
cosa vorresti che facessi? -
Rispondesti, con
la tua voce così sottilmente erotica, con quel leggero accento che
le tue origini Magiare conferivano al tuo italiano altrimenti
perfetto.
- Vorrei che
cenassi nuda, completamente nuda -
domenica 9 settembre 2012
Simply Red
Simply
Red
Holding back the years,
Thinking of the fear I've had for so long.
When somebody hears,
Listen to the fear that's gone.
Thinking of the fear I've had for so long.
When somebody hears,
Listen to the fear that's gone.
Guardo
la mia mano, fletto le dita e le appoggio sulla porta. Percepisco
perfettamente le sottili venature sotto i polpastrelli, accarezzo poi
la superficie, fresca e lucida. So che i paradiso mi attende oltre la
soglia, quindi scosto la porta, piano. Il liscio pannello di legno di
ciliegio laccato scivola silenzioso verso destra scorrendo nelle sue
guide, parallelo alla parete rivestita anch'essa dello stesso legno
rossiccio. La grande stanza che scopro è quasi vuota, eppure calda e
accogliente. Una grande, magnifica vasca ovale in marmo bianco,
incassata profonda nel parquet, troneggia al centro e una leggera
brezza marina mi accoglie, solleticando il mio viso e i miei capelli
attraverso le grandi aperture porticate della parete di fronte.
Appena oltre la stanza le scurissime rocce vulcaniche della scogliera
precipitano a perdifiato verso il mare spumoso, azzurro e blu, le cui
onde s'infrangono sui molti pinnacoli rocciosi che, come zanne
sepolte di immani bestie primordiali, rompono la monotonia del mare
innalzandosi neri e lisci contro l'azzurro del cielo. Un sole rosso,
piccolo e intenso riflette se stesso sulle acque dell'orizzonte
sfumandole di carminio e scaldando ai suoi raggi la mia pelle. Poi la
vedo entrare e ogni altra cosa intorno perde consistenza nella mia
mente.
mercoledì 29 agosto 2012
Bores contò il passaggio di undici monache e sette preti
Bores contò il passaggio di undici monache e sette preti.
Si mostrava capace col tempo e Marie aveva cessato ormai di angustiarsi per questa sua mania.
Restarono a lungo immobili, finché lui aprì la bocca, stizzito contro se stesso di mostrarsi così immusonito, chiedendosi, come sempre senza risposta, perché la sua mente non riusciva mai a mantenere un filo logico senza perdersi immancabilmente in oscuri voli pindarici.
Disse: << Io... non capisco. ma voi, però, avete fatto qualcosa?>>.
Aspirava e soffiava fuori il fumo. Tanto era grande lui, tanto piccola quella sottile sigaretta, un suo vecchio vezzo che mai aveva abbandonato.
Aspirava e soffiava fuori il fumo. Tanto era grande lui, tanto piccola quella sottile sigaretta, un suo vecchio vezzo che mai aveva abbandonato.
Marie sorrise con uno sguardo complice: << in un modo, parola mia, di cui sono ancora adesso orgogliosa! Porta ancora il lutto di sua sorella!>>
Niente da fare, era una specie di estasi. Nel silenzio invernale inoltrato, il rimbombo del metrò che usciva imperioso dalla sua tana era ruvido, come il suo alito e le sue guance .
<< Non ti chiedo nulla, mi basta. >>
<< Prego? Ma se se stato tu a chiedermi che avevamo fatto. >>
<< Non vorrei essere testimone di fatti a me estranei, eppoi sei stata tu a voler raccontare >>
<< Eh? Ma tu guarda che stronzo, prima ascolti, poi chiedi, e adesso vuoi ritirarti?>>
<< Per riempire il silenzio posso tentare di ascoltarti. Se proprio ci tieni. >>
<< TU? Ma vaffanculo! >>
<< Grazie.. >>
<< PREGO! >>
Marie si alzò di scatto. Lui restò seduto sulla panchina sollevando lo sguardo su di lei mentre si allontanava freneticamente, un passo in linea con l'altro, le braccia aperte ad equilibrare un andamento leggermente alterato.
Era piccola, magra, armonica, con quelle gambe sottili, nervose che avrebbero eccitato qualsiasi uomo che l'osservasse camminare da dietro. Emanava un'irrefrenabile e naturale sensualità nel suo corpo, nel suo incedere. Aveva poi, in assoluto contrasto, uno sguardo fanciullesco, dolce, innocente e gentile. Lui invece aggrottava in quello strano modo verso l'alto le sopracciglia, così che la sua espressione normale sembrava sempre tesa all'implorazione.
domenica 26 agosto 2012
Cinquanta
Cinquanta
La macchina si
ferma. E' un ragazzo piuttosto giovane che abbassa il finestrino
elettrico. Non chiede nulla, mi guarda con un sorrisetto compiaciuto
e aspetta solo che io gli dica il prezzo.
- Cinquanta -, dico
con voce stanca.
Lui si allunga verso di me facendo di sì con la testa e mi spalanca con un gesto veloce la portiera.
Lui si allunga verso di me facendo di sì con la testa e mi spalanca con un gesto veloce la portiera.
- Che
fai? Non sali? -
Mi dice il ragazzo, un poco spazientito.
Lo osservo. Ha un'ombra di barba, ma il viso gentile. Il look casual
è più curato di quanto sembri, i jeans sono di marca, la camicia
rivela la paperella brooksfield, e, sul polso della mano sinistra,
brilla un rolex.
Salgo sull'auto. Una golf grigia, che, appena ho chiuso la portiera,
parte rapida lungo la strada.
Mentre guida mi scruta con un'occhiata che sembra quasi un esame. Dal
viso scende lungo il mio corpo fino alle gambe, quasi totalmente
esposte dalla minigonna, che, sul sedile, è risalita ulteriormente.
Poi torna a concentrarsi sulla guida, senza parlare.
Decido allora di provare a rompere il ghiaccio, forse è un timido,
anche se non ne ha per nulla l'aspetto.
- Ciao, io sono Mary -
venerdì 17 agosto 2012
La Rossa
La
pioggia scura, sporca e inquinata cadeva fitta e sottile sul
parabrezza dell'auto. I tergicristalli ormai usurati stridevano nel
loro ritmico, ipnotico incedere lungo il vetro. La fredda luce a led
del lampione sotto cui eravamo parcheggiati illuminava appena
l'interno del nostro abitacolo in quella plumbea notte di settembre.
Carlo,
seduto al volante si era appena macchiato la divisa nera con una
schizzata di maionese dal terzo tramezzino con cui si stava
praticamente ingozzando. Io tornai a guardare, senza vedere, fuori
dal finestrino le gocce che battevano sul freddo vetro contro cui la
mia fronte era appoggiata. Mancavano ancora tre ore alla fine del
turno, tre ore all'alba di un'ennesima nottata senza senso.
Erano
ormai passati 5 mesi e 8 giorni da quando Elisabetta se n'era andata.
Semplicemente ero rientrato a casa ed era sparita, insieme alle sue
cose e anche diverse delle mie. A conti fatti non era stata una così
grande idea portarmela a casa, ma era riuscita a farmi perdere la
testa, e poi aveva un modo di scoparmi assolutamente irresistibile.
Mi ero ritrovato innamorato perso senza accorgermene.
Non
avevo più toccato una donna da allora, probabilmente non ero mai
stato così a lungo senza godere, almeno da quando, ragazzino, avevo
scoperto i primi piaceri della masturbazione.
Il
microauricolare innestato dietro l'orecchio emise la nota pulsazione
prima di una comunicazione dalla centrale, quindi la voce roca del
maresciallo di guardia cancellò le immagini di Eli dalla mia mente.
-
Auto 13, segnalate urla e rumori sospetti al terzo piano in via
Umberto Bossi, civico 138, andate a controllare -
martedì 14 agosto 2012
La Biblioteca
LA
BIBLIOTECA
Cammino silenzioso, distratto,
sono entrato colto da improvvisa ispirazione, e forse anche per
ripararmi dall'imminente temporale che si sta scatenando sulla città.
La biblioteca è antica, quasi
vetusta, lunghi scaffali in legno scuro, odorosi di vecchio, di
carta, di olio e cera per legno, ricolmi di libri di ogni genere, con
un predominio di vecchi volumi.
Mi aggiro per le sale male illuminate, vuote, silenziose, i miei passi scricchiolano lievi sul parquet, quasi disturbando una strana sacralità del luogo, mi accosto ora ad uno scaffale, ora ad un altro, curiosando senza un preciso scopo.
Mi aggiro per le sale male illuminate, vuote, silenziose, i miei passi scricchiolano lievi sul parquet, quasi disturbando una strana sacralità del luogo, mi accosto ora ad uno scaffale, ora ad un altro, curiosando senza un preciso scopo.
Ecco una vecchia edizione della
divina commedia, altri scritti di Dante, e Petrarca, poi la mia mano
scivola sulla rilegatura de le fleur du mal, originale in francese di
Baudelaire, e su Leopardi, e poi Voltaire fino a giungere su Borges,
il libro di sabbia, e la biblioteca di babele. E' quasi un gesto
automatico tirarlo verso di me con l'indice e sfilarlo dall'ordinata
fila dei volumi, ed ecco improvviso mi appare un occhio bellissimo,
verde, lucente come un mare calmo, e uno sguardo quasi sorpreso che
mi fissa, dal lato opposto dello scaffale.
Uno sguardo dolcissimo,
femminile, su cui mi soffermo a lungo, quasi ammaliato da un ipnosi
ultraterrena. Finché un fortissimo tuono mi scuote e un rilucente
lampo dalle alte e opache finestre contrasta lo spegnersi
contemporaneo di tutte le luci del locale, lasciando tutta la
biblioteca preda di un'oscurità intensa, interrotta solo dagli ormai
frequenti lampi alle finestre. Quando però torno a fissare
attraverso il piccolo spazio lasciato libero dal volume tolto vedo
solo il vuoto, nessuna traccia dello sguardo, e della sua
proprietaria.
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